http://www.metallized.it/recensione.php?id=4547
Manuscripts Don't Burn è il progetto solista di
Davide Tiso, chitarrista e fondatore dei padovani
Ephel Duath. Stando alle informazioni promozionali (quindi derivanti dalla bocca stessa di
Davide, presumo) questa idea era nella mente del creatore fin dal lontano '97, e si è concretizzata in tempi attuali solo dopo un'ulteriore presa di decisione, incentivata dalla forte attenzione mediatica verso i solo-project nati ultimamente in Nord Europa. In più, la scintilla è scattata quando il nostro poliedrico compositore si è ritrovato ad ascoltare il lavoro che aveva creato per il solo-project di
Karyn Crisis (la cantante dei
Crisis, appunto) trovandolo
"semplicemente perfetto" anche nella sua mancanza di tracce vocali. Inoltre il promo-sheet ci tiene a precisare che la musica "avantgarde" è di solito
« complessa e senza emozioni: con questo The Breathing House, l'ascoltatore prenderà un respiro di sollievo grazie alla percezione immediata di "cuore" e "spirito", che da subito emergeranno dalle note del disco».
Mai peccato di superbia fu più grave.
Quando
Davide parla della sua ammirazione verso la libertà compositiva dei solo-project nordici, non si è ben capito a cosa si riferisca. A sangue freddo mi verrebbe da citare l'egoistico eclettismo di
Ihsahn; ma è veramente difficile trovare in questo EP un senso compiuto analogo ad un qualsiasi brano del compositore norvegese. La verità è che
The Breathing House constata di sei tracce, di non lunga durata e unicamente strumentali, e che la mancanza di vocals appesantisce senza rimedio il risultato finale.
Le influenze citate non sono nemmeno il mathcore jazzistico della band-madre
Ephel Duath, ma qualcosa di più contenuto che può trovare nei
Virus l'unico esempio perfettamente calzante (esempio norvegese, per giunta). Riff cacofonici e dissonanti e spesso in tempi dispari, creati dal gioco di intreccio delle due chitarre; lo stesso tipo di riff che però i
The Secret e i
Deathspell Omega sparano al doppio della velocità. Ovviamente qui non si discute sulla capacità tecnica, ma sulla tipologia del messaggio.
Il lettore mi perdonerà la mancanza dellanalisi dettagliata di qualche singolo brano, ma la somiglianza fra questi è tale da non poter fare altrimenti. Oltre al problema della sopportazione del disco (sopportazione per fortuna anche contenuta, visto i 25 minuti di durata), cè anche quello della finalità dellopera. Capisco perfettamente la sfrontatezza avanguardistico-sperimentale degli
Ephel Duath, che fanno dell'ermetismo emozionale il proprio mezzo di espressione; capisco anche il brutale mathcore (tipo
Dillinger Escape Plan o
Converge) che comunicano un disagio sociale attraverso il disagio uditivo; infine capisco molto bene (ed apprezzo) anche la volontà sperimentale lanciata in modo pionieristico dagli act nordici come
Arcturus,
Ved Buens Ende e ripresa in tempi recente dai
Virus e dai
Dødheimsgard, ma in questi progetti, però, i suoni e gli strumenti risultano convogliati verso precisi e personali mondi espressivi.
In questi bizzarri mondi, riesco anche a comprendere (forse con un retrogusto particolarmente ludico) l'intricato mondo del mathcore/jazzcore nipponico (
Rin Toshite Shigure, Midori...), e -tanto per non cambiare nazione e per rimanere sul chitarrista/solista- ho capito anche il messaggio solista di
Marty Friedman; ma quello che non riesco proprio a comprendere è il significato di questo
The Breathing House.
Questo progetto, andando contro alle volontà promozionali nel non far trapelare ne
"heart" ne tantomeno
"soul", non è neanche così complesso; mentre invece è sicuramente senza emozioni vere e senza uno scopo finale.
Ri-travisando
Bulgakov (visto che la citazione letteraria non è servita molto alla spinta dell'album), questo manoscritto brucia che è una meraviglia e speriamo che all'autore non gli venga in mente di ripescarlo dalla sua memoria.
Consiglio spassionato:
"Davide, torna a concentrarti sugli Ephel Duath che te ne siamo veramente grati".