Manes: Vilosophe (first reviews)

Times change and people change. From 1993 to '99, Manes were a cult duo playing "true Norwegian black metal", and released three demos and an album, "Under ein blodraud maane". Now they have an extended line-up featuring Asgeir Hatlen and Tommy Sebastian (vocals), Eivind Fjoseide (guitars), Rune Hoemsnes (analogue drums), Torstein Parelius (bass, lyrics), and Tor-Helge Skei (guitars, electronics, programming, sequencing); somebody has described their new path as a jam between Katatonia, Radiohead and Aphex Twin. I really don't know about Katatonia, but there's definitely a lot of Radiohead-sounding ("Kid A"/"Amnesiac") spleen-rock, some drum'n'bass here and there and, all in all, a well-crafted mix of melancholic "wave", some psychedelia, electronic arrangements and heavier music (not strictly "metal", though). The sound is rich and multi-layered, and luckily the band tends to avoid the tacky "heavy guitars + electronic beats" formula which has been infesting the underground for years. The soundwriting is almost always pretty remarkable, indeed: listen to the tour-de-force of "Diving with your hands bound [nearly flying]" for example, which never loses ground in its 10'+ length. I just don't like some faster, more energetic tracks like "Death of the genuine" (which had appeared as "Redeemer" on the "Better dead than alive sampler") where the drum'n'bass + metal mix seems to prevail a bit. Manes are now a credible dark rock band which is obviously putting a lot of effort into writing good and someway original tunes. Certainly better than most gothic bands around today. Nice-looking layout too.

chainDLK
 
Voices from the darkside:

MANES
Vilosophe
(Code666)
47:10min


Manes... a quasi-legendary name for all addicts of what has been done through early 90’s Norwegian Black Metal. Legendary? Yeah... the word actually isn’t that strong for this duet formed by Cernunus and Sargatanas at the dawn of '93 has incessantly cast massive black music, slow as a decomposing corpse and intense as a vortex for 6 years ('93 / '99). From these years the traders saw the succession of these monuments named "Maanens Natt" ('93), "Ned I Stilheten" ('94) and "Til Kongens Grav De Dode Vandrer" ('95). Later these demos would be re-printed at 1000 copies each ("Maanens Natt" and "Ned I Stilheten" on the Hammerheart sublabel Unveiling The Wicked) and the first album "Under Ein Blodraud Maane", which consists of re-recorded versions of those old trax, came through HammerHeart in '98, ending this period before a silence of seclusion that has gone for 4 long years. Personally, even in the older times, I didn’t even want to call it ‘Black Metal’, as this appellation tended to come more and more meaningless.
Manes stood apart from every caste, even not to their own ‘scene’ in a total popstar delirium, and for their “cult” (was that really a music?!) seemed to be evidence to the inner soul. “A Dead Music For The Fallen.” They’re back now with a brand new label, Code666 and a new album, "Vilosophe"... so watch out, forget everything that has been said, forget the cult status they never wanted, forget the Black Metal attitude, forget this transcended and sharp voice of Sargatanas who’s no longer in the band, forget the 4-trax sound taste that echoed like the hoot of the specter. With this newest album Manes has reached the level of its most absolute independence, apart from every stable paradigma, from every scene and no doubt that the basic blackster wouldn’t understand anything about this album whether he’s formated, not a bit clever, moreover if he doesn’t know Manes’ personality and vibrations. The band in itself got highly enriched musically, under the pending presence of Tor-Heige ‘Cernunus’ Skei, five other musicians apparently coming from varied horizons worked to make "Vilosophe" a complex and intelligent piece that goes straight to the depths of our unconscious. The essence is the same but the musical shape has changed, some trax like 'Death Of The Genuine' (also appearing in a pre-mix called 'Redeemer') or 'Nodamnbrakes' can allie a jungle beat made on a groove box and a sharp guitar riff that could have made a "Maanens Natt" intro, the whole stuff being pushed to its extent with an undefinable way of singing. The new singers (yeah; I said ‘singers’) Asgeir Hatlen and Tommy Sebastian have a very special tone, very high, with a very special mood in it, that gives this impression of cosmic depth and that gives a new sense to this durable intensity of the band. A huge mix of electronics, even of rock gimmicks (diving with your hand bounds / Ende), of rhythmic sonorities, sometimes jungle or even drum and bass come to give a groove to Cern’s verve who has revealed another mask of the ‘hydra faced combo’. They definitely got detached from this earth to create a very unique and own feeling, so the identitary purists could easily do without such an album, it would give ‘em some headache, as for the rest... read carefully instructions before use...!

Sonderkrig


VER SACRUM:

Manes: Vilosophe (CD - Code 666/Audioglobe, 2003). Avendo conosciuto i Manes diversi anni fa, ai tempi dei demo Maanens natt e Ned i stillheten, non avrei mai immaginato di ritrovarmi ad ascoltare un album come questo Vilosophe. Il gruppo norvegese ai suoi esordi era formato da due sole persone (Sargatanas e Cernunnus) e proponeva un black metal molto grezzo, invece i Manes del 2003 hanno una line-up che consta di ben sei elementi e suonano un genere molto diverso dal precedente, cioè una sorta di metal postmoderno e sperimentale. Tra le note biografiche della band si legge che qualcuno l'ha descritta come un incrocio tra Radiohead, Katatonia e Aphex Twin, ed in effetti questo tipo di definizione è abbastanza appropriata alla musica che troviamo in Vilosophe. Dei Katatonia i norvegesi hanno l'impeto sonoro e quel velo di malinconia tipico di tutti i dischi del gruppo di Blackheim, mentre con Radiohead e Aphex Twin hanno in comune un certo estro creativo. In generale la struttura delle otto tracce contenute nel cd è piuttosto variegata ed infatti in esse potenza e melodia si alternano in maniera inusuale e mai scontata. Si vede chiaramente che dietro ogni brano c'è una particolare ricerca e un lungo studio, grazie ai quali la musica dei Manes, pur nella sua complessità e non convenzionalità, riesce ad affascinare e allo stesso tempo a risultare immediata. Un ottimo esempio di quanto detto finora può essere la seconda canzone del cd, cioè la lunghissima "Diving with your hands bound (nearly flying)", che ci propone inizialmente atmosfere delicate e rarefatte, per poi evolvere in un suono ben più potente e deciso che costituisce il nucleo principale del pezzo, ma che a sua volta negli ultimi due minuti lascia spazio a una sorta di divagazione electro-avantgarde. Non c'è che dire, i Manes hanno veramente fatto tanta strada rispetto agli esordi e con questo lavoro hanno dimostrato a tutti le loro grandi potenzialità. Il ritorno di questa band non poteva davvero essere più convincente di così!! (Grendel)
 
http://www.metalwillneverdie.net/

Dismettono i panni di realtà “true norwegian black metal” i norvegesi Manes, alle spalle un silenzio durato cinque anni per cui ragionevolmente si poteva parlare di split. La mutazione stilistica cui ci si trova di fronte in occasione del presente Vilosophe ha dell’incredibile: già è stata azzardata una similarità di intenti con il percorso tracciato da Ulver, ma in questo caso il divario è ancora più eclatante in quanto per nulla dilazionato e da nulla preannunciato. Basti dire che Vilosophe non solo si distacca in maniera totale e con malcelata veemenza dal passato di Manes (che mai come ora appare incredibilmente remoto), ma ambisce inoltre a una ridefinizione di moduli di chiaro stampo elettro-avatgarde che, se da qualcuno venne definita “un incrocio tra Katatonia, Radiohead e Aphex Twin”, pur rappresentando descrizione che non sentiamo di condividere, può già da ora rendere tangibile la singolarità della proposta. Samples di dialoghi carpiti chissà dove, glaciale crescendo di synth lasciati covare nell’oscurità e un tappeto ritmico che in più occasioni sconfina nella breakbeat pura introducono all’iniziale “Nodamnbrakes” (attenzione al programmatico titolo..), in cui una voce spiritata ben presto esplode in un “I need to rest..” ripetuto con sofferta persistenza; loops ossessivi e cadenze ripetitive determinano il dipanarsi della lunga “Diving With Your Hands Bound (Nearly Flying)”, tra gli episodi più esaltanti del programma, il cui effetto straniante culmina in un’esplosione di feedback a lungo preventivata.
La carica emozionale riversata nel solchi di Vilosophe è sconvolgente; diventa naturale lasciarsi travolgere dall’incredibile, disarmante tensione romantica di cui l’album è permeato, un lancinante sentore di perdita, troppo umano per non spaventare, che emerge con prepotenza in momenti di rarissima ispirazione (“Death Of The Genuine”, già apprezzata nella compilation Better Undead Than Alive, l’epocale “Ende”, la cui magniloquenza viene accresciuta da un lacerante innesto di sax, “The Hardest Of Comedowns”, il cui incedere iniziale arriva a ricordare le topografie di certe megalopoli disabitate descritte dai Clock DVA di “Buried Dreams”) dove un’inarrestabile tensione all’Eterno convive con una controparte emozionale per una volta realmente sentita e vissuta nel profondo. Avvicinarsi a Vilosophe significa preventivare un ascolto difficile, impegnativo nella dichiarata volontà di Manes a non concedersi nell’immediato ma a lasciarsi scoprire poco a poco, con studiata lentezza, il che esige attenzione, dedizione e pazienza; disposizioni che verranno prontamente ricambiate dal progressivo svelarsi di un atto semplicemente entusiasmante.

Dragone Nervoso
VOTO: 9
 
Tempo fa, in occasione del più recente disco di And Oceans avevamo parlato di new wave of black metal. La compagnia dei Giuda della Sacra Fiamma che iniziava a prendere corpo e forma, da Ulver ad altre band dedite ad un cambiamento di pelle che ha fatto strocere il naso a molti ed ha segnato un milestone importantissimo per un genere musicale che sembrava giunto al capolinea.

Da quella volta, altre congreghe hanno abbracciato la frontiera della contamianzione: in tempi più recenti Ephel Duath e in altri ambiti Manes.
Autori di un debutto in pieno stile black nel 1998, oggi si presentano intrisi di trip hop, jungle e ammennicoli vari per portarci ‘Vilosophe’ ed i suoi otto capitoli.
Menzione particolare per ‘Diving With Your Hands Bound’, canzone lanciata contro ogni sorta di pregiudizio concettuale e stilistico, dieci minuti di percorso verso un climax ed il rientro alla base, prima dei contrasti fra piano e furia elettrica di ‘Terminus A Quo / Terminus Ad Quem’ e del delirio elettronico di ‘Death Of The Genuine’ o del sax che conferisce l’eleganza più interessante a ‘Ende’.
Un esperimento a sé stante è la conclusiva ‘Confluence’, sorta di spoken word che diventa una rivisitazione musicale del romanzo di Blatty, ‘L’Esorcista’, rigorosamente in norvegese diritto e al contrario, pulito e filtrato. Più una bonus track che un congedo vero e proprio.
Una prospettiva che prende forma e si allarga, quella di ‘Vilosophe’, congiungendo spunti estremi per donare loro un’univocità di fondo che si sta facendo largo proprio fra quegli artìsti che hanno preso prima le mosse ed ora le distanze da un tunnel a senso unico dove l’immobilismo stava iniziando a diventare imbarazzante.
Hail the new black flame, allora, anche con dischi come questo, contro le barriere di qualsiasi pregiudizio.

Fabio Negri



VOTO: 9
metallus.it
 
www.hmportal.it
90/100
Quando mi è arrivato il cd in questione, non conoscendo il passato dei Manes mi sono documentato e ho scoperto che sono stati una band culto nell’underground del black metal norvegese, hanno pubblicato 3 demo tape (“Maanes natt” 1993, “Ned i stillheten” 1994, “Til kongens grav de døde vandrer” 1995) e un cd per la Hammerheart (“Under ein blodraud maane 1998). Sapendo come lavora e come sceglie le band la Code666 ho pensato che “Vilosophe” non sarebbe stato un album di semplice black metal, piuttosto un black-industrial alla Aborym, oppure un black-folk alla Negura Bunget, oppure un ambient alla Nordvargr, oppure… Tutto mi sarei aspettato tranne quello che ho sentito. La bio allegata parla di una specie di jam session tra Katatonia, Radiohead e Aphex Twin e devo dire che non si sbaglia molto. Infatti di black metal non c’è nemmeno l’ombra, la voce è pulita e alla Thom Yorke (senza cantilena però), le atmosfere sono oscure e decadenti e molto abbondante ed efficace è l’uso dell’elettronica.
Si parte con “Nodamnbrakes”, bellissima open track dove si mescolano parti rilassate ad altre più tirate con chitarre in primo piano e batterista che si diverte a picchiare sul drum kit, seguita a ruota da “Diving With Your Hands Bound”, canzone malinconica che inizia molto soft e cresce poco alla volta con un ritornello finale che ti rimane impresso nella mente e quando dopo nove minuti (9!!!) sembra stia per terminare la canzone riparte con il tema principale rivisto in chiave elettronica ambient che mi ha ricordato gli Scorn. I Manes riescono con questo disco a spiazzare l’ascoltatore canzone dopo canzone e a creare immagini sognanti come quelle di “Ende” grazie ad una tavolozza fatta chitarre acustiche ed elettriche, pianoforte e sax, voce suadente ed elettronica. La terza traccia è una specie di ballad molto malinconica così come la successiva “Terminus A Quo / Terminus Ad Quem” dove compare anche un saxofono che mi ha riportato alla mente la colonna sonora di Blade Runner e alcune melodie degli esperimenti elettronici degli U2 di “Pop”. L’inizio di “Death Of The Genuine” è molto oscuro e pesante, le chitarre sono vagamente thrash, poi la canzone impazzisce alla “Come To Daddy” di Aphex Twin per poi ritornare sui suoi passi. Inquietante l’ultima traccia dove una voce mefistofelica racconta qualcosa in tedesco che non riesco a capire ma che sicuramente non trasmette nulla di buono.
Se vi piacciono le contaminazioni tra i generi più disparati e le band atipiche questo disco potrebbe fare per voi, per me si candida come migliore uscita dell’anno.

I Manes di una volta non ci sono più ed ora sono tornati in un'altra veste. Non lasceteveli sfuggire!
 
http://www.musicboom.it/
Vilosophe
di Francesco Gemelli

Dell'annunciato ritorno di questa storica formazione black norvegese, se ne è a lungo parlato negli scorsi mesi, soprattutto perché era stato preannunciato un netto cambio di rotta del loro stile musicale. Un'anteprima di questa trasformazione stilistica era stata resa disponibile nella compilation "Better Undead than Alive", pubblicato pochi mesi fa dalla stessa Code666. Non nascondo che l'ascolto di "Redeemer" - una electro song che inglobava alcuni elementi di EBM - mi aveva lasciato alquanto perplesso, preparandomi non nel migliore dei modi al ritorno dei norvegesi.
Questa impressione è stata prontamente cancellata dall'ascolto di "Vilosophe", un album che ha rilevato - in modo completo e dettagliato - il nuovo volto dei Manes.
Dimenticate il primitive black metal degli esordi, e preparatevi ad una proposta che fonda l'elettronica con una sorta di rock/metal avanguardistico.

Impalpabili pattern digitali creano un delicato substrato sul quale si vanno ad adagiare dilatate chitarre e vocals morbide e ispirate.
Il progressive mood di "Diving with your Hands Bound" e di "Ende", si alterna alla intelligente sperimentazione elettronica di "Terminus a Quo/Terminus ad Quem", determinando un inusuale intreccio fra le otto delicate composizioni, che pretendono dall'ascoltatore un livello d'attenzione sempre molto elevato.
Da sottolineare una limpida produzione, realizzata agli Skansen Lystudio, che è riuscita perfettamente ad intepretare la direzione che questo "Vilosophe" doveva assumere.

Molti vecchi fan della band asseriranno che per rilasciare il materiale contenuto in questo full sarebbe stato opportuno cambiare monicker, ma ciò rappresenta solo un dettaglio.
"Vilosophe" è dotato di atmosfere cangianti, ma tutte qualitativamente elevate, e si inserisce in quel filone che vede alcuni grandi della scena estrema evolvere intelligentemente la proporia proposta, e che ha già illustri precedenti in formazioni quali Arcturus, Enslaved, Vintersorg e Ulver.

4.5/5
 
Incredibile ascoltare i Manes pensando alla band norvegese che nel 1998 incise per la Hammerheart un disco di furioso black metal dal nome di "Under ein blodraud maane"... Sono passati cinque anni, la line-up è profondamente cambiata, e quello che ci rimane è un gruppo completamente diverso, che ha trovato la sua identità ed è pronto a sconvolgere le nostre convinzioni con il nuovo album "Vilosophe". La Code666, mai così talentuosa etichetta italiana, li descrive come un incrocio tra gli Anathema, i Radiohead e una spruzzata di Aphex Twin. Senza dubbio i Manes ereditano il groove e l'irriverenza dei primi (nonchè molte somiglianze nell'uso di un certo tipo di linee vocali), la delicatezza e l'introspezione dei secondi e le contaminazioni elettroniche degli ultimi, ma sono un entità quasi a parte, che va valutata in una campana sottovuoto per non snaturarne il sapore. L'ascolto di "Vilosophe" rappresenta una sorta di viaggio dall'inizio funambolico ("Nodamnbrakes", quasi una specie di manifesto), attraverso l'allucinante "Diving With Your Hands Bound" (forse un pò troppo prolissa), passando per strade intimistiche che mi hanno riportato al Moby di "Play", fino al maelstrom sonoro di "Death Of The Genuine" (suonata con più precisione e freddezza rispetto alla versione della compilation "Better Undead Than Alive", perdendo però qualche punto) e alla magniloquenza del sax di "Ende". Un turbinare di samples, riff, arrangiamenti psichedelici, che lascerà interdetta più di una persona... ma i Manes sono fatti così, avendo anche qualche relazione con gli Atrox che quanto a schizofrenia non temono confronti con nessuno. L'album mi è piaciuto tantissimo, mi ha emozionato e mi ha accompagnato per più di un'ora di sensazioni talmente varie ed estese da sembrarmi un'eternità... è un lavoro difficile, complesso da assimilare nell'apparente semplicità con cui i Manes maneggiano tale materia incandescente. Fa piacere pensare che probabilmente abbiamo perso solo un mediocre gruppo black metal, ma abbiamo trovato la risposta alle nostre tentazioni più avanguardistiche, cullati ancora una volta dalla dolce voce che ci ricorda che "it's just the end of the day".
8/10
EUTK.NET
 
VAMPIRE MAG (GERMANY)

Manes,one of the few remaining cult blackmetal bands hailing from Norway are about to release their second full-length album called "Vilosophe".And I have to say I was really looking forward to this release.With great interest I'm following this band since their demotimes and especially their debut album "Under ein Blodraud Maane" is still one of the Norwegian blackmetal highlights in history.
As their debut album was released on Dutch Hammerheart records now four years later they switched over to the to me unknown Code666 label.In those four years the line-up has changed alot and members from Atrox and Tactile Gemma completed the band.

The first thing which wondered me was the avantgarde looking cover.Could it be that Manes also changed their musical style like most fellow Norwegian bands?Can we still expect true underground blackmetal like Manes used to play?Even though having a kind of strange cover of some scientific drawings on a white background?
After the first song "Nodamnbrakes" it all became clear.Manes do have changed their musical style,and they changed it drasticly!
So don't expect the blackmetal from the old day's.The music Manes is presenting us now can be labeled as avantgardemetal although it's very difficult to give the music a label because their music is really strange.Strange but very good!

The second song "Diving with your hands bound(nearly flying)" is also from from the same high quality.Sometimes the vocals remind me on Ozzy Osbourne!One might think,Manes with Ozzy-like vocals?Yes,Ozzy-like vocals and I have to admit it suits the music perfectly.It gives the music a kind of sinister mood.
In "Death of the genuine" the complete song is based on a drum&bass rhythm,so diversity all along on this album.

All in all it's very difficult to mention any highlights because each and every song is equally strong and is a highlight on it's own.
Also worth mentioning is the eerie,sinister dark mood covering the music!
But there is also one small complain and that's the outro "Confluence" which is nothing more than a boring spoken passage from a German movie (spoken in german).
But even because of this small mistake the album is really worth getting hold of.Not just for the dedicated Manes fans but also for the more open minded metalfans.
Once you get a grip on this album you'll discover the genius of it and you'll be playing this record over and over again.
 
Here's something that's taken from the Aquarius Records homepage. I guess you could call it a review, although it's meant as a description of the album for their online catalogue:

Questions, questions, questions. Boy does this new release from Germany's Manes raise some questions. Like, how did this exemplar of raw, primitive, droney black metal end up making melodic trip hop? And how did they get Ozzy Osbourne (or, in truth, his close sonic approximation) to handle the vocals?? And, with all these changes, didn't this genre-fucking, once-but-no-longer black metal act release this disc on Garm of Ulver's Jester label, alongside recent works by Ulver themselves, another band, along with Arcturus and to a lesser exent Mayhem, who delight in upsetting their (former) fans who obsess about "true" black metal? Certainly if it's old-school black metal purity you're looking for, forget about the new Manes, stick with their 1999 "Under Ein Blodraud Maane". The open-minded, however, might actually dig this. It's only about 10 percent metal, with lots of samples and beats and layers of noise, and tons of Survivor-esque melodic pathos. It all kinda sounds like one epic song, the Ozzy meets The Cure style vocals soaring over junglist / tech step Amen breaks, with what heavy metal riffing there is being gloom-pop catchy a la Katatonia. There's even a track that drops in what sounds like Spandau Ballet's saxophonist. Other parts have a Pink Floyd-gone-industrial vibe. In The Woods meets Aphex Twin, perhaps? Solefald meets Cyclefly at a rave? Quite a shocking transformation from the howling-at-the-moon, spikes n' corpsepaint black metalness of their earlier material!! Now, it might have been a more interesting progression if Manes had gone the other way, done this in 1999 and then come out with the black metal of "Blodraud"...especially since most metallers who get into the realm of electronica tend to produce albums that are at least 3 years behind the times. And Manes haven't avoided that problem. Yet, somehow, we can't help but enjoy this, it's got a certain sincerity and quality and spark, and sheer chutzpah to it that works for us.


http://www.aquariusrecords.org/


>> They didn't get the whole nationality-part right, but who cares...
 
MANES “Vilosophe“
(Code666/SPV)
Evolution als bloße Idee abzutun, wäre manchem Künstler nicht angemessen; gerade dort, wo einst viele norwegische Bands ihren Ursprung nahmen, scheint ein Drang nach Höherem durchaus ausgeprägt. Wobei stets diejenigen die prächtigsten Blüten trugen, die keiner Schule recht folgen wollten, sich auf die Suche nach dem begaben, was auf den Menschen ohnehin die größte Anziehungskraft ausübt: das Unergründliche, das Verborgene. Beweisend, daß es wenige Dinge gibt, die einander diametral gegenüberstehen, sind MANES so dem Diabolischen in der Musik näher gekommen als irgendjemand sonst. Nur die eigene Kraft ist jetzt noch bindendes Dogma, denn Kunst war niemals bloß ein Code, den es ein einziges Mal zu entschlüsseln galt. Deshalb mußten sich die Norweger nach “Under Ein Blodraud Maane“ von allem lösen, was sie einst prägte: der eigenwillig hallende Burzum-Sound etwa, die gefauchten Vocals oder aber der Black Metal generell. Parallelen zu Ulver lassen sich diskutieren, existieren aber tatsächlich nur, weil beide Formationen dunkle Klänge inzwischen dort suchen, wo es Dämonisches, Anmutiges und Magisches zu entdecken gibt: in grenzloser Musikalität. “Vilosophe“, MANES’ Einstand bei Code666, setzt in dem gespenstischen Universum erst an, wo Aphex Twin seine verquasten “Druqks“ zauberte, wohin Radioheads wunderbare Melancholie und die neue Heaviness Katatonias fallen. Einer imaginären Spirale folgend, entwachsen die Kompositionen allen Hüllen, direkt dem Lichte entgegen; laut Umschlag gilt es, jene mysteriöse helle Finsternis darzustellen, die dann entsteht, wenn sich die kleinen weißen Punkte im Auge zu dem grellen Nichts verdichten, das ausschließlich die maximale Sonneneinstrahlung zu forcieren vermag. Umwerfend dabei ist, mit welcher Leichtigkeit MANES Gegensätze relativieren: Nach “Vilosophe“ zweifelt niemand mehr ernsthaft daran, daß Dunkelheit und Licht einander überhaupt ausschließen könnten – im Gegenteil. Eng umschlugen liegen beide jenseits dessen, was normalerweise als dunkel, als hell empfunden wird. Sie sind dort, wo der grelle Schein am Ende des Tunnels seiner Maske beraubt wurde. Dort, wo der Mensch zum ersten Mal das Licht der Welt erblickt, nichts wahrnehmend, außer grellen, brennenden Blitzen. Sie sind dort, in ein und dem selben Moment. Damit wir uns verstehen: Das hier ist Revolution, ein kreativer Befreiungsschlag. Natürlich hat die geradlinig herausgepeitschte Aggression daher in dem Maße ihre Bedeutung verloren, in dem MANES die subtileren Ausformungen des Mysteriösen erfuhren; immerhin heißt es schon in “Under Ein Blodraud Maane“ prophetisch „we[…] strongly hope (and think) that this album will appeal to none of the black metal people of today.“. Je düsterer die Norweger jetzt klingen, desto poetischer werden sie; je abgrundtiefer der (ohne Zweifel in der Brust wütende) Zorn ist, desto schöner das evozierte Bild. Die ambientartigen Passagen rinnen beschwörend über den Rücken, entladen sich wieder und wieder in einem eindringlichen Crescendo: ’The Hardest Of Comedowns’ schwingt den Hörer in einen Rausch, ständig alternierend zwischen weiten Samplestrecken, mächtigen Gitarren, fast bissigen Vocals; ’White Devil Black Shroud’ ist ein Tränenmeer, gegossen aus sehnsüchtigen Keyboards und flehenden Riffs; ’Death Of The Genuine’ dann der Breakbeat, der Realität gewordene Wahnsinn. Wenigen Künstlern gelingt es, Töne physisch ähnlich spürbar zu machen. (Marcel Tilger/LEGACY MAGAZINE) 15/15 points
 
metalmaniacs.it
Manes - Vilosophe
Etichetta: Code666

Era da tempo che fremevo per avere tra le mani questo disco: l’annunciato ritorno-metaformosi dei Manes su Code666 era una delle uscite più attese della stagione per la sottoscritta… I norvegesi Manes nascono nel ’93 come cult-band dedita ad un black metal marcio e oltranzista, che non lasciava certo presagire nulla di quanto contenuto nel nuovo sorprendente “Vilosophe”. Lo slogan pubblicitario della Code666 avverte: “not for defenders”, e dice bene, perché i Manes del 2003 si posizionano molto, ma moooolto ai limiti del metal classicamente inteso. Riuscire a descrivere “Vilosophe” è un’impresa, e questo la dice lunga sull’originalità del gruppo in questione, che, dopo anni di fedeltà alla nera fiamma, ora sembra aver fatto della sperimentazione e dell’avanguardismo la propria bandiera. Le trame sonore intessute dai nuovi Manes sono descrivibili come una versione rilassata e delicata di trip-hop (in ambito “metal” si pensi all’ultimo lavoro dei The Gathering), mista a dirompenti e convulsi ritmi jungle, dosatissime chitarre ronzanti in sottofondo (nettamente in secondo piano), e a una voce (pulita ovviamente) acidula e acuta quanto basta per ricordarmi (incredibile ma vero!) Robert Plant (la seconda traccia “Diving with your hands bound” in particolare, mi ha riportato alla mente i sopori claustrofobici e soffocanti evocati da una “No Quarter”, o da una “Achilles last stand” - sentire per credere!) o Rob Halford (?!?!?!?)… Il risultato complessivo ricorda da vicino le atmosfere surreali e ovattate dei Radiohead di “Kid A” e “Amnesiac”, quelle allucinate degli Ulver di “Themes from…” e le suggestioni 'spaziali' e dilatate dei The Gathering più sperimentali (di “How to measure a Planet?”) o dei Samael di “Eternal”. Non so se con tutti questi riferimenti sono riuscita a darvi una vaga idea del prodotto in questione, ma vi assicuro che, se amate i gruppi sopraccitati, “Vilosophe” farà senz’altro al caso vostro! Episodi particolari da segnalare sono la già citata “Diving with your hands bound”, l’irruente “Death of the genuine” e la malinconica “The hardest of comedowns”. L’unico difettuccio imputabile al disco è forse una certa tendenza a ripetere troppe volte lo stesso (per quanto giusto e azzeccato) motivo, a battere troppo sullo stesso chiodo, ma in ogni caso questo dei Manes è un ritorno ottimo, davvero una bella sorpresa che la Code666 dedica a tutti gli amanti del metal (…) più avanguardistico e innovativo.

Voto: 8,5

Mystika
 
Manes - Vilosophe

Sulten på litt hybrid, eksperimentell, stemningsfull tung musikk som krever sitt av lytteren? Da bør du lese videre.

Av Terje Larsen

Det har vært stille fra Trondheims bandet Manes i flere år. Bandet som ga ut ‘Under ein blodraud maane’ har i mellomtiden fått ny besetning, (bl.a folk fra The 3rd and the Mortal og Atrox) og samtidig skiftet musikalsk uttrykk radikalt. På toppen av det hele leverer de en av de mest spennende skivene jeg har hørt i år.

Dette er en helt ny konstellasjon av musikalsk uttrykk for Manes. På Vilosophe hentes det fra den mer sofistikerte innovative biten av elektronika, metal og rock. De blir sammenlignet med Radiohead (bl.a.) i presseskrivet. Vel, kanskje ikke helt riktig etter min mening men det må i så fall være fordi Manes har litt av den samme innovative eksperimentelle sammensmeltingen av stilarter som Radiohead har hatt på de to siste skivene (nå har jeg ikke hørt ’Hail to the thief’ enda). Muligens de har litt av den samme progressive teften også. Uansett, sjangermessig er Manes i en helt annen bane. Det er en del elektronika her som er litt i det samme lydlandskapet som Ulver har drevet med de siste årene. Metallen er der fortsatt og gitarene bygger opp om den massive lydveggen som ligger i bunn. Ellers er det flott og varierende bruk av vokal som flyter med i melodiene og følger opp variasjonene som låtene innehar.

Etter en ok åpningslåt er det på andre låta ‘Diving with your hands bound' at skiva virkelig setter spikeren i veggen. Her får du nesten en 11 minutter lang låt som starter rolig og flott med sine elektroniske elementer. Den bygger seg opp til en avslutning med et langt tung parti (nærmest litt gothmetal aktig) med flott melodi.
Sang tre ,'White devil black shroud', er en drømmende rolig låt som flyter på en fin melodilinje gjennom hele låta og man blir sittende og lytte på den flotte og sørgelige stemningen.
'Death of the genuine' er en mer rytmisk og aggressiv låt som igjen bruker fine melodilinjer og brytninger.
'Ende', er litt i samme gate som låt to. Ganske ambient-aktig med drømmende lydpartier som kulminerer med tunge gitarer og vakker melodi. Stort pluss for vellykket bruk av saxofon.
Siste sporet finner jeg bare overflødig med sin lange monolog på tysk.

Manes sin vekselbruk av nydelige, rolige segmenter og tunge dystre takter og partier kan minne meg litt om de flotte melodiene Katatonia pleier å komme med.

Dette er virkelig en skive som inneholder det meste. Den er ikke enkel og man må nok ha visse tilbøyeligheter med å høre på andre sjangere og ikke bare metal. Hør på den med et åpent sinn for her er det vanvittig flotte låter og komposisjoner.

Innovativt og eksperimentelt. Rolig og drømmende. Tungt og brytningsfullt.

5.5/6 - http://www.musiq.no
 
terrorverlag

Kurzer Rückblick in die Neunziger: Das aus Trondheim stammende Duo MANES veröffentlicht zwischen ´93 und ´95 die drei Demos "Maanens natt", "Ned i stillheten" und "Til kongens grav de dode vandrer", welche im Black Metal-Underground einigen Anklang finden und von denen die ersten beiden später als limitierte MCDs wiederveröffentlicht werden. 1998 erscheint auf Hammerheart Records das Debutalbum "Under ein blodraud maane", dessen schleppende, kalte und morbide Kompositionen MANES zu einem Geheimtipp der norwegischen Black Metal-Szene werden lassen.

Zurück in die Gegenwart: Nun, erst 5 Jahre später, kehren die Norweger zurück – oder doch nicht? Zumindest verblüffend anders, nämlich mit neuer Besetzung und neuem Sound. Man hat das Black Metal Gewand abgelegt und sich auch völlig von althergebrachten Restriktionen verabschiedet. Stattdessen hat man das musikalische Grundfundament (Gitarre, Bass, Drums) mittels moderner Elektronik, Programming sowie Sequencing erweitert und ist außerdem zu einem Sextett aufgestiegen. Vom alten Line-Up ist nur noch Tor-Helge Skei a.k.a. Cern (bzw. früher Cernunnus) dabei. Dementsprechend sind durch das Fehlen von Ex-Sänger Sargatanas auch keine krächzenden Vocals mehr zu verzeichnen. Diese Aufgabe übernehmen jetzt mit Asgeir Hatlen und Tommy Sebastian gleich zwei stimmgewaltige Personen, allerdings mit hohem klaren Gesang. Jedoch keine Power Metal Vocals, sondern sehr individuell und emotional mit vielen mitreißenden Melodien.

Auch wenn bereits damals zweifelsohne avantgardistische Tendenzen in der Musik festzustellen waren, dürfte dieser Wandel doch manchen alten Fan vor den Kopf stoßen. Vielleicht wäre daher eine Namensänderung angezeigt gewesen. Das Label Code666, auf deren "Better undead than alive"-Sampler sich schon ein erstes klares Bild von den "neuen" MANES abgezeichnet hat, ruft daher auch dazu auf, "Vilosophe" vorurteilsfrei zu begegnen. Ich kann nur raten dem zu folgen, denn ist lohnenswert, sich auf den Neo-Avantgarde Metal einzulassen.
Die düstere Atmosphäre ist geblieben, wenngleich sie auf andere Art und Weise umgesetzt wird. Vielleicht ein ähnlicher Weg wie ihn Ulver damals mit "Themes from William Blake..." gegangen sind. Auch harte Gitarren sind weiterhin ein wichtiges Element, nur nicht als das einzige bestimmende Instrument, vielmehr um den Stücken zu einem volleren und detailreicheren Klang zu verhelfen.

Das Beiblatt führt den Vergleich mit einer Jam-Session zwischen Katatonia, Radiohead und Aphex Twin an. Hierzu passen gelegentliche Drum & Bass oder Trip Hop-Einlagen, wenn möglich auch erzeugt über das analoge Schlagzeug, neben sonstiger rhythmischer Vertracktheit wie sogar Jungle-Beats.
Ansonsten wird ebenfalls variiert. Mal begleiten die Songs den Hörer auf eine melancholisch-verträumte Reise, dann steigt man wieder auf rockige Parts inklusive pulsierendem Bass um.
Mit "Diving with your hands bound [nearly flying]" folgt an zweiter Stelle schon fast das Herzstück der Scheibe. Mit zehneinhalb Minuten der mit Abstand längste Track, der sich furios und stetig steigert um schließlich eine Weile auf dem Zenit zu verharren. Und wenn man glaubt das Ende wäre erreicht, gibt es noch einen elektronischen Nachschlag.
In "Terminus a quo/Terminus ad quem" sowie "Ende" wurde dagegen sehr unaufdringlich ein Saxofon eingebaut und "Death of the genuine" war als "Redeemer" in einer vorläufigen Version auf obigem Sampler zu finden. Skurriles noch einmal bei "Confluence [The vilosophe crux]" zum Abschluß, da dieses ausschließlich aus einem mehrminütigen Monolog besteht, entnommen aus dem Film "Der Todesking" von Jörg Buttgereit, welcher in einem gewalttätigen Ausbruch mündet und einige Fragen aufwirft. Zumindest wohl wenn man die deutsche Sprache nicht beherrscht, da eben diese Fassung Verwendung gefunden hat.

Das strange "Konzept" spiegelt sich auch im Layout wieder, welches überwiegend (merkwürdige) Schaubilder und Zeichnungen mit wissenschaftlichem und philosophischem Bezug enthält. Hier ist auch von gewissen pharmacodynamics die Rede. Keine Ahnung worum es sich dabei handelt, aber vielleicht ja eine Erklärung für diese ungewöhnliche und innovative Veröffentlichung.
Code666 und MANES haben hier ein interessantes Paket zusammengeschnürt, das auf jeden Fall einen Fortschritt in Anbetracht der häufigen Gesichtslosigkeit im heutigen Musikbiz darstellt.
 
MetalOpenMind:
81
Num cenário repleto de bandas black metal é sempre bom ouvir novas propostas musicais oriundas da Noruega. O termo "Neo Avant Metal" utilizado no press release soa a partida pretencioso, mas quando tomo conhecimento que a banda (que hoje é um sexteto) já foi durante 6 anos um duo a tocar o mais vil e cru black metal, começo a perceber que as limitações musicais só existem mesmo na cabeça de músicos egoístas e presunçosos...
Claro que com uma mudança tão radical de sonoridade manter o nome da banda não teria sido a solução mais adequada, porém o significado da palavra MANES (que do latin ou da enciclopédia mítica acaba por encontrar senso comum em "MANA" ou seja, a deusa do submundo, o poder maternal ou forças sobrenaturais que atuam no campo material e espiritual) deve ser tão importante e influente para estes músicos noruegueses, que acharam por bem mantê-lo e assim dar seguimento ao seu processo criativo sem negar o seu passado mais primitivo de início de carreira. A vanguardista editora Code666 farejou o potencial do grupo nesta "nova fase", e fruto desta união, edita agora este «Vilosophe», um álbum supreendente na abordagem musical sem fronteiras e que proporcionará aos renovados MANES uma projeção infinitamente superior àquela que alguma vez tiveram quando a Hammerheart Records editou em 1998 as 3 demos do grupo em forma de debut oficial de longa duração.
Mas afinal que som novo é este dos MANES? Bem, isso cada um de vocês terá de tentar decifrar, porquê dificilmente haverá algum consenso. Já lhes estão a impingir o rótulo de "Katatonia X Radiohead X Aphex Twin", o que acaba por mostrar alguma da variedade que poderão encontrar neste «Vilosophe». Temos assim um album tremendamente diverso e audacioso, porém extremamente homogênio onde é notório o cunho pessoal que o grupo desenvolve nas 7 canções deste album (o oitavo tema são 5 minutos de locução em alemão!?!). Falo obviamente de personalidade musical, quesito relegado a segundo plano por muitas das novas bandas que se multiplam mundo a fora, mas que os amadurecidos MANES parecem ter para dar e vender.
O que mais me impressiona nesta proposta é a forma com as canções se desenvolvem numa quase desesperante busca do climax. Para isto o grupo usa e abusa de alguns recursos de programação, teclados envolventes, apontamentos electrônicos e até mesmo alguns break beats! Por vezes as músicas descambam para o peso semi-mamutesco de uns Black Sabbath, mas no geral são os dedilhados de guitarra, o contra-baixo harmonioso e a bateria progressiva, que permitem à interpretação vocal de Asgeir Hatlen ganhar a projeção necessária para expurgar todos os seus melancólicos sentimentos. Quem aprecia a busca de novas texturas musicais não deve deixar de experimentar esta invulgar proposta.
Que MANA os abençoe hoje e sempre !
 
Manesin kohdalla ei voi olla mainitsematta Ulveria. Ulveria, joka kolmen black metal -levyn jälkeen (okei, ”Kveldsanger” oli folkia) ihastutti ja vihastutti metallikansaa ”Themes from…” -teoksellaan. Vaikka moni Ulverin vanhoista kannattajista bändin hylkäsikin, onnistui bändi suunnanvaihdoksessaan luoden erittäin toimivan kollaasin metallia, elektroa ja monia muita tyylisuuntia.
Nyt tuosta levystä on kulunut jo neljä vuotta ja Ulver surffaa aivan omilla poluillaan. On siis Manesin aika yrittää samaa. Bändihän ehti julkaista tätä ennen muutaman primitiivistä poljentoa sisältäneen levyn, mutta loi nahkansa tällä kertaa lähes täysin. Poissa ovat blastbeatit, kirskuvat kitarat ja infernaaliset laulusuoritukset. Bändi ei ole kuitenkaan lähtenyt kopioimaan selvästi Ulveria tai ketään muutakaan, vaan on etsinyt itselleen aivan oman polkunsa.
”Vilosophe” on raaka, mutta samalla hienostunut levy. Sen kitarariffeissä on vielä ”sitä jotakin”, mutta muu ympäristö on täynnä kokeilevaa otetta ja uskallusta. Joskus mukaan sotketaan rokkia, joskus melankolista poppia. Kaikki tämä on siloiteltu koneilla ja sampleilla, jotka eivät ole ehkä kaikkein omaperäisimmästä päästä, mutta jotka toisaalta toimivat tässä kontekstissa erittäin hyvin. Myös muutama ”oikea” soitin, kuten ”Terminus a Quo / Terminus Ad Quem” (joka kuulostaa paikoin aivan Placebolta, uskokaa tai älkää!) saksofoni on sekaan eksynyt. Usein ”Vilosophe” herättikin mieleeni kuvan David Bowien nykytuotannosta, ja tätä kuvaa vahvistaa laulajan erittäin bowiemainen sävy: mies osaa hurmata suloisen viattomalla kuiskailullaan, mutta pystyy myös erittäin tunnepitoisiin purkauksiin.
”Vilosophesta” löytyy myös konkreettisempikin puoli: se on levy täynnä oikeita biisejä, joista on aistittavissa niin Katatoniaa kuin Beyond Dawniakin. Sekaan mahtuu myös kummallisuuksia, kuten kymmenminuuttinen ”Diving with Your Hands Bound (Nearly Flying)”, jossa hitaasti ja varovaisesti nostatetaan tunnelmaa hypnoottisen laulun sekä loistavan kitaroinnin avulla koskettaviin korkeuksiin, jonka jälkeen laskeudutaan takaisin elektronisten komppien unenomaiseen maailmaan. ”Death of the Genuinessa” taas yhdistellään tehokkaan monotonista kitarariffiä jungle(?)-tempoihin erittäin onnistuneesti. Levy loppuu ristiriitaisiin tunnelmiin: ”Confluence” on viiden minuutin mittainen pätkä saksalaista puhetta ja ambient-taustoja ja vaikka biisi loppuukin ääniefektien saattelemina erittäin pelottaviin tunnelmiin, on biisi outroksi liian pitkä. Toisaalta taas kokonaisuutena ”Vilosophe” on liian lyhyt levy, sillä paljon ajasta menee ehkä hieman liiankin itsetarkoitukselliseen itsensä toistamiseen biisien sisällä.
Kuten Ulverin tapauksessa, moni tulee varmasti pettymään Manesin suunnanvaihdoksesta. Parasta tässä kuitenkin on tämän suunnanvaihdoksen ehdottomuus ja suuruus. Mitään ei ole jätetty puolitiehen, vaan ratkaisut on tehty syvää harkintaa käyttäen loppuun asti. Kaikki on luonnollista, menneisyys on vain pelkkä ravitseva haamu jossain taustalla. Pelkään kuitenkin, että se yleisö, joka ”Vilosophesta” pitäisi ei löydä tätä levyä pienen levy-yhtiön ja bändin menneisyyden takia. Harmi. Ottakaa te nyt edes neuvosta vaarin.

Antti Klemi, 21.05.2003
imperiumi
8+
 
Silent scream

I must admit that I was astonished when I heard the song of Manes included within the compilation of Code666 "Better Undead Than Alive": for those knowing Manes like disrupting supporters of the darkest, misanthropic and pure grim black metal, like the authors of three cult demos that raised them on the level of the most controversial and devastating bands on earth, for those thinking of them as a hellish creature closed in the eight of the ivory tower of their wicked myth that bleak song with a bad production has been a true punch in the teeth. Anyway, was it the blame of the production, maybe it was an experiment...The lovers of true black metal thought everything, since it was not possible them to have become some clones of Arcturus. And so here I am to review the whole work: "Vilosophe" is released, and every doubt has been denied. The grim black metal is a faraway memory so far. The new Manes gathered the legacy of different musical influences, and today follow an absolutely personal and original speech that starts from bands like Anathema or Katatonia and passes through the already mentioned Arcturus and the early Pink Floyd, to dive then into In the Woods and really into Jane's Addiction (listen to "Diving with Your Hands Bound (Bound Flying)" before laughing...) and enriching it all with electronic inserts and loops in the best tradition of avantgarde black metal of groups like Thorn and The Maldoror Kollective. A nice mess, then. The atmospheres are very clean and dilated, with the band engaged in weaving very linear woofs with the support of choirs, where the rhythmical section just remarks the singing, without mentioning the distorted guitars. Arpeggios get merged with keyboard inserts, electronic pops but with discretion, calmness seems the favourite mood of Manes. All that is suddenly twisted by fast accelerations in which music gets more powerful but just to get back calm subsequently. The songs, given the context, are rather complex and very articulated, but supported by a good production that does justice to them. The fact the members of Manes own excellent songwriting abilities is undisputed, so this "Vilosophe" presents like an interesting album to listen to with tranquillity and care, but that will be able to conquer the heart of many listeners with no prejudices. For sure, thinking about the past hurts, but anyway the new incarnation of the band reveals truly able to offer much in terms of originality and evolution, and that's rare. Manes sont mort, vive Manes!
 
metal-inside

Von Code666 sind wir eigentlich doch eher die härtere Kost gewöhnt, und umso ungläubiger kontrolliere ich ob wirklich die CD der mir bis dato unbekannten MANES im Player rotiert. Denn die norwegischen MANES machen Musik, wie ich sie lange nicht gehört habe, wie ein Klon aus Ulver, Massive Attack, ein wenig Radiohead und trotzdem genug Rock haben sich mich nach wenigen Takten in ihrer Musik gefangen - dass die Vergleiche bei genauerer Betrachtung hinken ist wohl jedem klar. Beginnt die CD mit „Nodamnbrakes“ Titelgemäß recht hart und flott, so besticht bereits dieser Song durch sein Wechselspiel aus verschiedenen Tempi, aus rein elektronischen Parts und dann wieder aus dazu effektvoll in Szene gesetzten Gitarren, die verdammt noch mal teilweise recht fetzig rocken können. Und als wäre nichts gewesen, schwebt der Hörer beim zweiten Song in sehr sanften Trip Hop Sounds davon, zielsicher navigieren MANES auch durch diese Gewässer. Sie versuchen sich zwar auch in beinahe D´n´B-igen Gefilden, kokettieren mit Breakbeats und treiben manchmal fast beim Jungle, verlieren aber nie ganz den Bezug zum Rock. Wirklich zum Avantgarde würde ich die Band nicht packen, aber sie vereinen altbewährtes in einer gewagten Mischung die über weite Strecken sehr zu gefallen mag. Nur den völlig überzogenen, die vorherigen Tracks jeder Magie beraubenden, deutschsprachigen(!), horrofilmentliehenen letzten „Song“ hätten sie sich sparen können und müssen. (dod)
 
Violent Solutions (France)

Dix ans, cela fait dix ans que Manes existe et qu’il évolue au sein de la scène norvégienne. Le groupe n’a cessé de se métamorphoser au cours de cette décennie pour nous proposer aujourd’hui ce subtil mélange de sonorités électros indus et de riffs froids hérités d’un lointain passé black métal. En effet, si les trois premières démos enregistrées entre 93 et 95 proposait un black métal glacial, les choses ont commencé à changer avec leur premier album sorti chez Hammerheart qui laissait beaucoup plus de place à l’expérimentation. En 2003 Manes n’a gardé du black des débuts que le côté désabusé et mystique, la musique s’étant considérablement étoffée grâce à l’apport des nouvelles technologies. Le ralentissement du tempo associé aux joies de la programmation a ouvert de nouvelles portes pour le groupe qui nous propose un voyage musical vraiment intéressant. Je tiens à m’excuser à l’avance pour le jeux de mot qui va suivre mais c’était trop tentant : Manes et une véritable manne tombée du ciel pour tous ceux qui ne ce sont pas remis du split d’In The Woods et qui recherchent désespérément des groupes talentueux et novateurs capables de combler un minimum le vide laissé par une telle tragédie. Manes est loin d’être une copie conforme d’In The Woods mais on retrouve chez ce groupe la volonté d’aller de l’avant et d’expérimenter sans ce soucier des barrières de style. La musique des deux groupes comporte certaines similarités mais Manes possède sa propre identité, on pourrait voir cet album comme une interprétation et une prolongation personnelle de « three times seven on the pilgrimage ». A titre d’exemple, on retrouve en introduction de l’album des samples de batterie associés à des vocaux féminins trafiqués avant que des riffs de guitare (assez plombés) ne viennent prendre le relais. Au cour de l’album on trouvera même quelques notes de sax (ende) et quelques accords de grattes sèches (terminus a quo…). L’association chant masculin/ chant féminin est particulièrement réussie d’autant plus que le timbre du chanteur (que je qualifierai de plaintif sans aucune connotation négative loin de là) permet de faire passer beaucoup d émotions. Les bruitages et autres bidouillages synthétiques constamment présents en fond finissent d’installer l’atmosphère sombre qui colle au groupe. Le guitariste tient également un rôle important dans la création d’ambiances, ce dernier n’hésite pas à faire pleurer sa guitare (« the hardest of comedowns » avec ces notes cristallines et aériennes) et à utiliser de nombreux effets, il n’y a pas de place pour la démonstration stérile ici, juste de la finesse. Par moments il n’y a rien de métal mais les morceaux se révèlent entêtants « diving with yours hands bounds » avec sa ligne de basse et son refrain magnifique. Le troisième morceau « white devil black shroud » aurait pu se trouver sur le dernier et somptueux album de The Gathering « souvenirs » tant l’approche musicale est la même. « Death of the genuine » semble lui tout droit sortie de « the marriage of heaven and hell » d’Ulver avec ses boucles synthétiques, son chant déclamatoire et sa basse saturée. Le meilleur moyen de décrire cette album est d’imaginer un mélange de l’album d’Ulver précité avec les derniers The Gathering et In The Woods, bref pas des albums de minables (le label voit plutôt une jamming session entre Katatonia, Radiohead et Aphex twin, chacun son avis, mais là encore il ne s’agit pas de manchots !).
Ce Vilosophe est un pur moment de plaisir que je qualifierai de Dark pop métal électro pour ceux qui aiment les étiquettes. Seul petit reproche, le dernier morceau est en fait un long monologue en allemand accompagné de quelques bruitages en arrière plan ; sans les paroles, difficile d’y trouver un quelconque intérêt, surtout après avoir été enchanté par les précédents morceaux. Voilà, c’était juste histoire de trouver quelque chose à dire de négatif (et encore), mis à pat ça il reste quand même 40 minutes de bonheur.