amazing new review on HateTV! :hotjump::
"Premessa: questa non è la recensione di un dischetto qualunque. Questa è la recensione di un disco che fa inorgoglire e che vede un band italiana porsi al pari se non al di sopra di tante ben più blasonate bands estere.
Nell'Ottobre 2002 mi trovavo ai Fear Studios di Alfonsine (RN) durante le registrazioni dell'ultimo promo dei compianti Hangin' on a Thread. Il buon Paso, per orgoglio e felicitazione, ci fa ascoltare alcune registrazioni in fase di missaggio di una non ben definita band fulmicotonata all'inverosimile. La domanda all'ascolto è unanime: "che cazzo è 'sta roba?!". La risposta mi arriva per posta mesi dopo, con il promo di "The Painter's Palette" degli Ephel Duath. Ed è comunque una risposta pregna di altri interrogativi. Uno di questi è: "come faccio a recensire un disco simile?". Disarmo totale!
Ad un certo punto, dopo i primi trenta secondi di ascolto, mi sembra di vedere la faccia sorridente del buon Paso che si frega le mani e mi dice: "Te l'avevo detto..."
Mi trovo "solamente" di fronte ad uno dei prodotti più strani ed innovativi degli ultimi dieci anni di storia della musica estrema.
Per favi capire l'entità della cosa posso buttare lì qualche nome: solo Zao, Converge, Yakuza come Cynic, Atheist, Arcturus o Solefald hanno osato tanto negli sterminati campi hardcore e metal. Ma queste sono parole al vento.
Il punto di partenza è il black metal. E vedete di dimenticarlo subito perchè sarete costretti a perdere i punti di riferimento. Il giudizio vi sarà tanto difficile quanto lo è per me scrivere questa recensione. Dopo il primo ascolto, se riuscirete nell'impresa di non perdere i sensi, anche voi comincerete a soffrire di labirintite acuta come il sottoscritto.
A causa dell'alta levatura tecnico-compositiva di Davide Tiso e soci sarete messi alle corde dall'abrasione del più schizzato postcore ma anche dall'anima più progressiva del jazz e dal mistero più noise del metal. Se sarete bravi ci scoverete anche un velo di elettronica, di funky e di tarantella(!).
Come dice il titolo stesso dell'album, questa opera non è che la tavolozza di un pittore. Tanti colori e pennelli a disposizione, forme da dipingere, sfumature da irradiare. La concezione degli Ephel Duath è talmente progressiva e caleidoscopica da poter esser definita tranquillamente Impressionismo in Musica. Ogni brano potrebbe essere sempre differente da sè stesso ma è stato fissato in un modo solo per convenzione. Non si può fare a meno di ascoltare per intero l'album, sarebbe come smembrarlo. Nove tracce per 45 minuti giudicabili quindi solo nel loro insieme e che hanno come comune denominatore il genio o la follia: il confine non è mai chiaramente distinguibile.
Gli episodi che possono catturarvi da subito sono senza dubbio le iniziali "The Passage" e "The Unpoetic Circle", con i loro bizzarri equilibri tra melodie jazzy e sfuriate hc/black. Notevole mi è parsa pure la morbida strumentale "Praha" che con quella parte di tromba sembra proprio uscire da un caldo e fumoso jazz club della città ceca. In verità dovrei spendere buone parole per tutti i brani di "The Painter's Palette", cosa che eviterò in questa sede per non peccare d'entusiasmo.
Nel blando e sempre più stagnante processo musicale di questi anni gli Ephel Duath sono una delle poche valide alternative e penso che questi tempi siano (o debbano essere) maturi per accettare una proposta così singolare come la loro.
Se fossi una maestrina darei ai ragazzi un bel nove con plauso, riservandomi un margine per il futuro.
Cezanne approverebbe.
rate: 9/10"