Enid first reviews

Oct 25, 2002
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Italy
www.code666.net
Shadowshire
Enid - 'Gradwanderer'

http://www.shadowshire.de/VKP/modul...istarticles&secid=3&sop=viewarticle&artid=269

Enid ist eine Band aus heimischen Landen, die einen wirklich faszinierenden Stil zelebriert, der wirklich schwer zu beschreiben ist, da scheinbar alle Genre großen Anteil in den Songs besitzen. Gegründet 1997 hat man schon einige Alben auf den Markt gebracht. Nun liegt das neue Werk mit dem Titel "Gradwanderer" vor, das in den Tidal Wave Studios aufgenommen wurde, wo auch u.a. Falkenbach zu Hause ist.

Schon der Opener "Chimera" geht verdammt gut zu Werke, atmosphärische Gitarren, die mal teils riffig, teils schleppend klingen und von Chorgesängen und einem Piano ab und an begleitet werden. Die Musik geht auch direkt ins Ohr und sorgt für gewisse "Cool!"-Effekte! Die Band bestimmt das Tempo sehr gekonnt, denn recht dynamisch schlägt der Song zu Buche. Überhaupt sind die Songs sehr verschieden. Während "Silent Stage" in allerbester Balladenmanier herüberkommt und ein wundervolles Pianospiel inne hat, geht man schön rockig bei "When the last glow flies" zur Sache. Hämmernde Gitarren zeichnen diesen Song recht deutlich aus. Das überlange Lied "Die Seelensteine" verzaubert mit einer guten Mischung aus Melancholie und Charm. Etwas zuviel Nightwish hat man sich beim Song "Exemption" angehört, denn die Orchesterarrangements lassen doch dicke Parallelen durchblicken. Alles in allem aber ein guter Song. Herbststurm kommt als Bonustrack daher und schließt das Album gekonnt ab.

Enid zeichnet vor allem die extreme Dynamik in ihren Songs aus. Da man nicht genau beschreiben kann, welche Zielgruppe nun angesprochen wird, sollte man auf alle Fälle einmal probehören. Fans von Balladen kommen ebenso auf ihre Kosten wie Hardrockfans.
 
http://beautyandpain.com/
Enid-gradwanderer-CD (Code666)
This is a project I've heard a lot about but never heard until now. So were we go to unexplained realms. Its a mix of Folk, Metal, Prog and Avant-garde music. If I was forced to give other artist that would fall under this style of music I would say Enid is strongly influenced by Devil Doll, Savatage, T.S.O. and Oxiplegatz. I really like the mix of Mellow Piano and strings with the more aggressive prog metal guitars and the very folk sung vocals. This will not be for everyone at all but if you like to Experimental with alot of styles under a Folk Metal style. Then this is something i would strongly recommend you pick up at the hype will not be major on this but if you let it slip under the cracks you'll be hurting yourself in the end. On gradwanderer they have sparked my interest enough to check out there past releases. As Enid is almost a broadway soundtrack to an obscure play were really really missing out on.
 
www.silentscream.com

Black Metal? For sure that was the original matrix of the german band but, judging from the listening of the new ?Gradwanderer?, there?s nothing much left of it. Also the previous ?Seelenspiegel?, with all the melodic folk influences, but also classical and rock inspired, was something more than a simple black album: but with this effort the comparison between the original matrix and the subsequent additions has been inverted, and the roots are almost completely kept by the sharpened riffing and by the blast-beat of the title-track. As far as the rest is concerned, the new Enid is a very articulated and cured album, in which many influences get merged and alternate, without any fear to slip onto different fields from metal, like the soft folk ballad ?Die Seelensteine? (very nice, but too long actually: over 15 minutes!) or the piano based ?Silent Stage?, or the (literally) chorus-like and theatrical ?Exemption?, probably the most surprising in there. Anyway more often the exotic influences get merged with typical metal edges, creating some never too violent but often energetic and pathos rich songs, where melody rules and where they never reach out for too excessive experimentations, maybe apart from the blues veins of ?The Burning of the Sea?. The production, much cleaner than the previous ?Seelenspiegel?, perfectly fits the higher melodic rate of the band, even if results a bit too cold at times. A very good album then, that sometimes can remember the most melodic and emotional moments of bands like Solefald, Borknagar, Arcturus: not a masterpiece, but for sure not to undervalue.
Fulvio Adile
 
www.eutk.net
Aspettavo con ansia fremente il nuovo disco degli Enid, dopo averli scoperti un paio di anni fa con il loro penultimo "Seelenspiegel", un album bellissimo. La nuova fatica è questo "Gradwanderer", un disco che spiazza e conquista ancora più del precedente. Laddove "Seelenspiegel", pur essendo un disco alquanto inclassificabile, era abbastanza lineare nelle strutture compositive ed aveva un'identità che, pur non essendo definibile a priori, era possibile identificare in una sorta di black metal a tinte folk/epiche, con grande uso di fiati e architetture classiche, il nuovo "Gradwanderer" si spinge decisamente oltre e non offre un solo punto di riferimento. La musica degli Enid ora è molto più varia, si nutre d?influenze che spesso sembrano cozzare tra di loro, talvolta sembra pure perdere in omogeneità e coerenza. Tutto ciò succede solo se però si analizza freddamente il disco e si tenta di sezionarlo pezzo a pezzo. Tuttavia non posso esimermi da farvi una breve analisi approfondita e puntuale del disco che, nel suo complesso, rappresenta una sorta di opera omnia la quale, stavolta sì, è nel suo insieme coerente ed omogenea. Apre il disco "Chimera", un pezzo che fonde l'approccio del precedente disco con una verve più romantica e teatrale propria di "Gradwanderer", con cori e accelerazioni che hanno un sapore progressivo. La successiva "An Ode To Forlorn" è una song epica, con atmosfere guerresche, quando accelera, e decisamente folk grazie ad alcuni pseudo-tribalismi. "Silent Stage" è una splendida ballad tutta piano e voce, nella quale Martin Wiese, vero e proprio mastermind degli Enid, sale in cattedra con un'interpretazione intensa e allo stesso tempo dolce e soave. La title-track è l'episodio più aggressivo del disco, con doppia cassa a manetta e atmosfere epico/guerresche di chiaro stampo blackish (in questo disco molto meno presenti che nel precedente) che vengono enfatizzate da fiati pomposi e cori medievaleggianti. "Die Seelensteine" è una suite di oltre 15 minuti ed è la song che più da vicino rimanda al folk propriamente inteso, con alcune atmosfere acustiche e malinconiche che ricordano gli Empyrium di "Weiland", anche se c'è il piano che incombe per tutta la durata col suo refrain nostalgico. "When The Last Glow Flies" allarga, e di molto, il range delle influenze e del sound degli Enid; il pezzo ha cadenze più rock-oriented, con degli arrangiamenti allo stesso tempo semplici ed efficaci nei quali è possibile cogliere qualche synth dal vago sentore "modernista". "Exemption" è un bagno di epicità, sospesa tra folk e musica classica, rasentando i canoni di una vera e propria soundtrack, con cori ben strutturati e orchestrati. "The Burning Of The Sea" è l'apice assoluto della follia e del delirio degli Enid, una song che è blues nella struttura e nei vocalizzi, ma pervasa dal sacro furore epic/folk della band tedesca e con Martin Wiese abile a saltare da vocalizzi teatrali a vocals "nere" come nella più pura tradizione americana; un esperimento tanto strano quanto riuscito. La conclusiva "Herbststurm" riprende un pò il tema progressivo del disco, riprendendo tra le altre cose i veloci assoli epici.
E' difficile esprimere un giudizio obiettivo su questo disco, essendo tanti i parametri e le variabili di cui tenere conto. Alcune di queste potrebbe indurre in giudizi affrettati. Certo è che non tutti hanno le capacità, e perchè no, gli strumenti per comprendere appieno questo disco. Io stesso che dovrei illuminarvi mi trovo in difficoltà. Certo è che preferisco il precedente disco, più omologato e "facile", ma devo ammettere che questo "Gradwanderer" ha un suo fascino del tutto particolare. In definitiva se volete provare qualcosa di veramente atipico e affascinante, dovreste dare una chance a questo disco. Per quel che mi riguarda ho gradito abbastanza.

Voto: 7,5/10
Luigi 'Gino' Schettino
 
http://www.hmportal.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=2633

ENID
Gradwanderer

Il solito artwork elegante per il solito gruppo indefinibile targato Code666 (o Aural Music? La proliferazione delle etichette). Il solito disco quantomeno interessante e stuzzicante? Sì, questo si fa presto a dirlo, basta attendere che l'attacco da super-true-fantasy-power metal band si trasformi in una colonna sonora da inquietante passeggiata nel bel mezzo della giungla tropicale, con il semplice intervallo di una manciata di minuti di riff senz'altro metallici e vocals che sarebbero le benvenute in un coro gregoriano. L'unico dubbio che l'intera proposta suscita è proprio la digeribilità degli epici vocalizzi di Martin Wiese, vellutati una volta accoppiati alle escursioni pianistiche e negli altri momenti in cui Gradwanderer si fa morb(osa?)ida culla, maestosi quando il contorno musicale si fa pomposo, forse troppo compassionevoli quando sarebbe il momento di sferrare un paio di ganci a tradimento (metal inside?).
Comunque, il semplice fatto che siano presenti numerose (deliziose) strutture atmosferiche è un'ottima credenziale che gli Enid possono aggiungere al proprio biglietto da visita, cancellando pure con un bel colpo di bianco-roll quell'etichetta "epic/folk black" che tanto potrebbe renderli scomodi ai panda norvegesi che ne condividono il colore, ma non la creatività musicale. Magari invece, in un piccolo angolo, in modalità [scrittina contrattuale] si potrebbe aggiungere che la band non si trova in difficoltà nemmeno cimentandosi nello swing (!) cromato di The Burning Of The Sea. Ma qui il collasso per buona parte degli ascoltatori sarebbe assicurato. Noi che vogliamo bene alla loro sensibilità artistica faremo dunque recapitare a casa un pacco con una luccicante copia di Gradwanderer ed una boccetta di sali, il risultato è assicurato.

Soundtrack to your faint

25-03-2004
Alessandro -ZTM- Ballini

Voto: 79
 
http://www.rockmetalbands.com/Enidrev.htm

Enid
'Gradwanderer'

(Code 666 records)
MARK: 87/100

The style definition used by their lable is Independent Metal, and I think it's not precise and only Independent music could suit them; as a matter of fact, Enid have never been only a metal band and especially here the blend of styles is fairly variegated.

The first song worth being mentioned is "An Ode to the Forlorn", where doom is soon replaced by power accelerations; moreover, the drums are flanked by hand percussions. Very different is the title track, fishing from the book of rules of Viking metal; it's fast before the acoustic classic break, and then becomes dark medieval music with a good final guitar solo. In "Die Seelensteine" there're lots of melodic and airy structures, in which vocals and keyboards take over, but this long opus lasting more than 15 minutes also includes other elements making it different from the rest of the batch; the influence of opera is strong in Martin's singing, duetting with an elegant piano and jazzy drums.

As you can notice, there're still English and German lyrics and titles, and the follower "When the Last Glow Flies" follows 2 tracks in German to keep this habit fairly balanced, also resulting the one closer to the past material, touching the 1999 "Nachtgedanken" or the recent "Seelenspiegel"; this is due to its classy keyboards, the pulsating drums and most of all the 3 guitars, as powerful as ever, embellished by a breath-taking break.
I've listened to "The Burning of the Sea" 5 times, and all the more reason after the gregorian chants and Middle Ages choruses of "Exemption", it seems to me out of place; I can't digest the horrible beginning vocals, and I don't understand how the band haven't realized of this grave mistake in time so as to take proper measures to replace them. It's really a pity for this song, which has nothing to do with the rest of the tracklist, and after the gay my pals vocals we find some good ones a là Bruce Dickinson, solist era; they're OK, but no-one can come and tell me they have to do with the other ones, and don't tell me they did it to surprise me or make the album different; it's not a matter of respecting the chosen format, it's just that we're in front of a collage of things that don't fit each other, at least this is my humble opinion so far, maybe in 1 year it'll change? I'll repeat it, it's not a bad song at all besides that unpleasant parenthesis at the start, as it contains an unforgettable thrash metal riff and a few interesting experimental vocals as well, I feel it's a crime to leave it like this, so I suggest the guys to re-record it in a better version, because there's nothing to complain about the production at the Tidal Wave Studios (Falkenbach, Ordo Draconis, Vindsval, a.o.), which is high-fi and professionist under all of the view points.

Enid confirm what good they did in the past, even if I must remind you that this CD is not for any metal head; it's only for open-minded listeners who're not looking for a constant aggression or classic solutions. One thing is certain: "Gradwanderer" will never make you yawn, and it certainly witnesses how many barriers have been demolished since the term 'crossover' came out in the far 1984.

MARKUS GANZHERRLICH - 12/3/04
 
http://digitalmetal.com/reviews.asp?cid=4902

Enid
Gradwanderer
(Code 666)

Often, the terms ?progressive?, ?experimental? and ?avant-garde? are over used by journalists (myself included) to describe any music that simply can?t be pigeonholed, categorized, or maybe defies our metal shuttered concepts of what should be construed as ?metal?. Bands like Arcturus, Ulver and Solefald, who break the mold of metal?s restrictive constraints, are either hailed as geniuses or belittled for ignoring their fanbase, but beyond those bands and a handful of others, experimental often means doing something out of character from your past material. That?s not the case for Austria?s Enid. The brainchild of one Martin Wiese sees the criminally underrated band?s third album take steps above and beyond their already progressive discography. Steering in a slightly different direction from their past folk/fantasy-laced efforts Seelenspiegel, Abschiedsreigen and Nachtgedanken, Enid rank with fellow Austrian?s Hollenthon as far as adventurous musical undertakings. Throw in the vocal operatics of Empyrium, the classical overtones of Haggard and the offbeat, genre-bending Arcturus and you might come close to Enid?s complex, beautiful and captivating sound. Gradwanderer is one of the few albums I've reviewed that pretty much left me both awestruck by its brilliance and dumbfounded as to how to describe it. While labelmates Rakoth forced their experimental nature upon fantasy trappings, Enid?s sound has a very slight folk undertone, lessened somewhat from prior efforts but still in place by virtue of hypnotic Gregorian chanting, grandiose horns and overblown classical instrumentation befitting Wagner. Each of the nine songs on Gradwanderer are epic soundscapes of varying character, never settling into a single style or mode of delivery, some numbingly good, while others are a little to quirky for their own good. Garm himself would be proud of album opener ?Chimera?, with its continually shifting pace and over the top vocal delivery. Not content with the subtle morose nature of that tune, the almost rock ?n? roll vibe that starts ?Ode to the Forlorn? belts out a curve ball, with Wiese pulling some amazing vocals that are vastly improved from the bizarre opener. However, the track shifts seamlessly to and from tribal soundscapes and prog rock with jaw-dropping transitions. The piano and vocal-only ballad ?The Silent Stage? is perfectly executed without dripping with cheese. Enid?s black metal/fantasy roots surface with superb time changes during the brilliant title track that opens with Summoning-like glory and folk blast beats worthy of Suidakra, and that?s in the first few bars before the songs drifts into dreamlike acoustics and more horn laced grandiosity. Now I have a short attention span folks but the 15 minute ?Die Seelensteine? held my attention undividedly, for its mesmerizing acoustics and piano laced, dance beat entirety. If you can get past the harsh German lyrical delivery, the song is as relaxing as Enigma or Enya: something I know a lot of you metal heads listen to, but are afraid to divulge. Admittedly, after the stunning operatics choirs and soundtrack like scale of ?Exemption?, the album takes a mighty step backwards from brilliance, but it brings up the genius vs. madness argument, as the blues/Jazz/?50s rock mannerisms of ?The Burning of the Sea? are nauseatingly bad, but a bold move nonetheless. The song has some good moments past the dreadful ?be-bop? vocals and ?Since ma baby left me? riff patterns, but otherwise simply falls flat as Enid take a huge misstep over the fine line between experimental and just plain ridiculous. But then again the same was first said of the circus like atmospherics Arcturus flaunted on La Masquerade Infernale. Bonus track ?Herbsturm? is a simple rocker tacked on the end of the album as filler, and honestly the album ends on two sour notes after the often breathtaking brilliance of the first seven tracks. Still, that should not stop this album from appealing to the adventurous listener willing to put up with some German lyrics (all delivered with clean vocals), and a vast array of styles with a complete disregard for genre-riffic limitations. Enthralling and captivating, this album is why I do this.
[Erik Thomas]
 
http://www.musik.terrorverlag.de/musik/rezensionen/index.php?select_cd=1100&kategorie=metal

Mit ihrem viertes Album "GRADWANDERER" beweisen die ENID-Urgesteine Martin Wiese und Florian Dammasch (aka Mr. Goldmund) mit ihrem neuen Produzenten Patrick Damiani (u. a. FALKENBACH) ein gutes Händchen. Neben Martin und Florian sind auf dem Album auch ebengenannter Damiani als Leadgitarrist und ?Boltthorn?, der Drummer von Patricks Band VINDSVAL zu hören. Die musikalische Vielfalt der Songs umfasst brachiale Orchesterklänge, Chöre, starke Metalgitarren, gewaltiges Schlagzeuggewitter im Wechsel zu leisen, klagenden Momenten, die mit deutlich besserer Klangqualität und gezielteren Songstrukturen überzeugen. Gekonnt werden die verschiedensten Stile verbunden, welche mittelalterliche Gesangslinien und derben Black Metal vereinen. Zu den fast in allen Stücken zu hörenden metallischen Klängen mischen sich Klassik, Gothic oder auch Folk. Die Tracks sind äußerst dynamisch, nie eintönig, manche werden von schnellen Bassdrums und starken Gitarreneinsätzen getrieben, aber es sind auch immer wieder Stimmungswechsel zu finden.

Der Opener "Chimera" offenbart sich als lebhafter, schneller Song mit gelungenen Chören und schönen Keyboards. "An ode to the forlorn" wechselt zwischen ruhigen folkloristischen und treibenden Gitarren- und Drumpassagen. Es folgt die wunderschöne Ballade "Silent Stage", ein ruhiges und von Piano und Gesang getragenes Stück, welches zu einer kleinen Verschnaufpause zwischen zwei der härtesten Songs des Albums einlädt. Das Titelstück "Gradwanderer" mit deutschem Text zeigt sich in einer Mischung aus anmutigen Klassikabschnitten ebenso wie harten Metalklängen und den damit verbundenen Drums. "Die Seelensteine" lädt in seiner ca. 16 Minuten langen und ruhigen Version zum Träumen und zu eingehender Auseinandersetzung mit dem Text ein. Theatralische Einsätze erinnern an Stücke à la MISANTROPHE ("Der Schädel des Denkers"). "When the last glow flies" wechselt dann wieder zwischen harten und ruhigen Parts, welche mitunter leichten Chorcharakter haben. Weitaus mehr Chorgesang ist in "Exemption" zu finden, ein sehr wuchtiger Song mit dominierenden Klassikelementen, die in ihrer Art ein wenig an THERION erinnern. Ganz anders gestaltet sich "The burning of the sea"! Diese unorthodoxe Mischung aus bluesigem Jazz und hartem Metal ist etwas gewöhnungsbedürftig. Die Übergänge zwischen den einzelnen Elementen sind jedoch sehr gelungen. Ein experimenteller Song weitab von gewohnten Pfaden.

Auf der mir vorliegenden Promo ist ein Bonustrack ("Herbststurm", neu eingespielt) zu finden. Auf dem im Handel erhältlichen Digipack soll darüber hinaus ein CD-Rom-Part mit Bildern, Videos und Infos zu finden sein.
KR
 
www.blackmetalonline.com

Enid
Gradwanderer
Code666
2004


Quarta fatica discografica per questa band tedesca, fatica che mi lascia con l?amaro in bocca: un capitolo del tutto nuovo in casa Enid, un lavoro che, per il sottoscritto, rappresenta il punto più basso della loro carriera. Non sono mai stato un fan accanito della band, storicamente ancorata a retaggi black metal oriented ma dallo spiccato gusto per la ricerca della melodia, soprattutto sconfinando spesso e volentieri in capitoli folk. Il tempo passa e con esso mutano i gusti e gli obbiettivi della band: qui mi trovo davanti ad un album metal dalle tinte epiche e fortemente melodiche, melense in taluni passaggi, ove l?incontro tra sonorità power oriented ed altri momenti più riflessivi, mostra, oltre ai radi punti di forza della band in questione, anche i più pesanti limiti.

Le songs mostrano una struttura parecchio artificiosa, accavallando le classiche calvacate made in Germany da inchiodate improvvise, riffs stoppati a supportare le trame melodiche costruite dai synths e chitarre a tutto discapito della fluidità e compattezza della proposta musicale. Si può parlare dunque di tanti frammenti di songs accostati tra di loro in maniera approssimativa più che di canzoni vere e proprie. Assolutamente da dimenticare la performance vocale del singer, priva di potenza e di espressione, i chorus risultano essere assolutamente inappropriati e la vena epica, tanto ricercata, viene irrimediabilmente compromessa da una prestazione veramente scadente.

Come se non bastasse il minutaggio è assolutamente eccessivo: un?ora abbondante di musica di questo genere è una dura prova per i nervi di chi scrive, considerando che la sola ?Die Seelensteine? va abbondantemente oltre al quarto d?ora tra arpeggi di pianoforte, tra i più scontati e mielosi io abbia mai ascoltato in vita mia, e vocals da brivido (nel senso negativo del termine, beninteso). L?evoluzione? che gli Enid propongono è, per il sottoscritto, decisamente catastrofica; la mancanza di personalità che la band denota è veramente impressionante: l?approccio a sonorità marcatamente power metal, infarcite da atmosfere che hanno abbandonato il sapore folk del passato per abbracciare una vena epica molto di moda attualmente, mostra limiti ispirativi notevoli, la band non riesce a coinvolgere mai, salvo rare eccezioni. L?uso e l?abuso di soluzioni melodiche che mi hanno rimandato (lo dico a mio rischio e pericolo) ai nostrani Rhapsody più pacchiani ?regalando? all?ignaro ascoltatore momenti di inaudita noia.

Buona la prestazione tecnica, senza essere eccellente, buona la registrazione, curata e potente, interessante il gioco di armonie al quale la band ci ha già abituati in passato ma tutto ciò non salva dalla disfatta questo ?Gradwanderer?. Dovendo liquidare la descrizione con poche parole devo ammettere che si tratta di un passo falso per una band che, senza mai essere riuscita a farmi urlare al miracolo, si mostra in pessima forma, priva degli spunti personali ed originali che ne contraddistinguevano i passati lavori e completamente ossessionata dalla ricerca della melodia facile da ostentare sempre e comunque senza timore di risultare tediosi. Timore che, ahimè, a conti fatti, sarebbe stato bene tenere in conto. Auspico sinceramente una futura rinascita per gli Enid, in queste circostanze vanno bocciati senza riserve.

40/100
 
ENID review – SCREAM magazine # 85

April 2004



Translation – by AJ. Blisten



“Enid has shown good quality so far on all their albums and this one is no exception. There’s been some changes in the line-up of the band and with this album the band stands out more like a pure metal band. Gone are all death and black metal elements. It’s almost like I think of Rhapsody in some parts here, especially on the long epic works. The common feature for all songs are good melodies, close to progressive arrangements and… well, some inspiration from so-called krauter-metal /german-metal) bands. The differenvce beteen Enid and a lot of these bands is that Enid does things in a more intelligent ways. It sounds pompous without sounding bombastic. But Enid offers more than that with their progressive approach and use of horns, piano, choir and strings. It works like hell. A couple of songs are sung in German, which is not my favourite language. But it doesn’t matter too much because of the medieval atmosphere in the songs.

A warning is in place, though for those who thinks that “Gradwanderer” is just another metal album. It’s not because there are extensive parts on here that’s not metal at all. There’s even a swing/blues song on the album, but to me it’s an impressive record anyway.

5/6
 
http://pendul.stamate.net/index.php?&lang=en&loadPage=scrieri&showId=137

Enid - Gradwanderer

a gothic remembrance intended to fulfill the oblivion of sentiments

by: Julius von Sammaël



The German youngsters of vanguard Metal are back one more time at high expectations with their new masterpiece that, I have to admit, is one of the best albums I?ve heard in the last time from that field. Gradwanderer contains eight creations with one more as a bonus and all of them have a special brand of unique, elevate and fascinating colour of melodic arrangements. Their music can be originated in Classical or Jazz genres, but the Metal components give the album a surrealistic dimension that is perceived as a sophisticated and grandiose attributes. Every song is orchestrated in a way that introduce the string instruments in the main musical theme, then conducting the melody on solemn wind instrumental parts that complete the cycle by adding some Black Metal riffs like in the title track, for example. The vocal importance is conferred by the wonderful skills of the singer, quality that is a mixture of melodic accords and canto operatic notes. Sometimes Enid catches a subtle meaning of music, one that can be listened only with a proper mood for elegance or imagination. Is almost like a sound trip, a dreaming fly to The Elysium Fields. Some other times it is like a raving attitude of Gregorian, Soul or Rhythm & Blues sequences that ended up with Heavy Metal guitars. The music on Gradwanderer is very varied and turns to be even more experimental and the most appreciate thing is that this band succeed to concentrate in a very original way all those different ?condiments?. That proves that this Underground area has many good artists who deserve much more attention that before and the album reviewed here is what can be called a must for the ones in love with such profound brilliancy!
 
www.disintegration.it

Quarto album (secondo per la nostrana e lungimirante Code666) per i tedeschi Enid, il cui precedente lavoro - "Seelenspiegel" - era balzato più che giustamente all'attenzione della stampa specializzata. Giustificata, dunque, l'attesa creatasi attorno a questo nuovo disco, soprattutto perché la band teutonica appare, allo stato attuale dei fatti, come una delle entità musicali più originali ed affascinati. "Gradwanderer" rappresenta l'evoluzione di "Seelenspiegel", ampliandone, in un modo spontaneo e dettato solo dall'ispirazione, le strutture compositive già orientate verso il black metal, il folk nonché l'epic e l'heavy metal classico. Ma gli Enid non si prestano ad etichettature e così anche questo nuovo episodio prescinde da un determinato genere musicale, meritando di essere ascoltato attentamente e tutto d'un fiato. Ritroviamo quindi episodi tirati e violenti come la title-track, ma anche forti suggestioni folk che bene si sposano con marcate influenze epico-guerresche, come ad esempio avviene in "An Ode To Forlorn" e "Exemption". "Silent Stage", la suite "Die Seelensteine" e "When The Last Glow Flies" si differenziano, invece, dagli altri brani della track list, rappresentando il volto più sperimentale della band. In conclusione, un disco difficile che, come ho detto prima, merita diversi ascolti, ma che non deluderà chi già ama gli Enid.
(Mark Greco) Voto:7
 
http://www.babylonmagazine.net/vis_cd_rece.php?c=blu&nome_band=ENID&nome_disco=Gradwanderer
Con questo "Gradwanderer" il gruppo tedesco abbandona ogni qualsivoglia tinta estrema del passato e si apre a delle classiche ed eclettiche variazioni, sebbene non sempre in modo felice. Si sente che il tentativo consiste nel dare piacevolezza e varietà, in ordine alterno; si incontrano, però, eccessivi indugi o eccessivi classicismi, e questo mina la longevità e soprattutto il valore di questa varietà.
Il disco inizia con "Chimera", immediatamente catchy nel vorticoso e classicheggiante inizio, scandito da un mid-tempo pianistico. Cori e synth dalla pretesa orchestrale un po' troppo pretenziosa che si scontrano terribilmente con l'intenzione di suonare eleganti e di classe; tuttavia il brano si riprende con il cadenzato chitarristico rock molto melodico e l'attacco delle vocals pulite. Il suono stesso è limpido, pulito e definito; la produzione ne disegna le linee piuttosto che la consistenza e dà una forte impressione di ricercatezza ed eleganza per tutto il disco. Per quel che riguarda la voce si sentono l'accento, la fonetica germanica in generale, ma non è affatto un deficit nel caso degli ENID. In "Chimera" troviamo una struttura composita, non troppo fluida ma piacevole e un discorso musicale sufficientemente ben delineato, che già al primo ascolto scandisce bene tutte le riprese, i pattern ripetuti, il giro ricorsivo che il brano fa su sè stesso. La seguente "An Ode To The Forlorn" introduce qualche nuovo elemento stilistico: pause con percussioni esotiche, flauti che suonano melodie d'attesa, e che poi ripartono in assolo su basi ritmiche di metal classico moderatamente serrate. Al termine del brano troviamo synth di cori su cui Martin Wiese prova dei vocalizzi che non sfigurerebbero in un album degli ARCANA ma che in questo contesto sicuramente destano perlomeno sorpresa. Un pianoforte melodico, di scuola contemporanea, sorregge la nostalgica "Silent Stage", poetica anche nel testo e appartenente ad un repertorio autoriale di buona qualità. Il pezzo si sviluppa intorno a note piacevolissime, un andamento forte e si svolge nell'intenso ritornello conclusivo, con un finale delicato che riassume tutti i momenti significativi del brano. La title track ha, insieme ad "Exemption", una vena epica e tratti frequentemente propri di una colonna sonora da film d'epoca, in costume. Sicuramente qui si mettono più in luce le caratteristiche prog, l'amore per i barocchismi manierati, un gusto per il classico. La title track indugia di più nel sentimentale, specie nel break centrale in cui ricompaiono vocalizzi corali su toni gravi che ispirano una solennità un po' sintetica ed artificiosa. La canzone che più divide questo lavoro è "Die Seelensteine", su cui la band punta indubbiamente molto; divide letteralmente l'ascolto del disco essendo lunga quasi sedici minuti. E' composta da una fase iniziale di contrappunto chitarra folk/piano (tipico stile della ballad), un ritornello pianistico delizioso, pause epiche con synth-choirs e toni vocali evocativi; prosegue con una meditazione centrale barocco-moderna (linee vocali che sembrano rifarsi all'opera barocca, stile pianistico da accompagnamento moderno, quasi jazz), e in tutta la sua seconda parte propone ripetizioni di queste fasi, piccoli giochi e variazioni. Il vero problema è che nessuno di questi elementi fanno della suddetta una epic ballad, e dopo i primi sei minuti si ha la sensazione di avere in mano tutto ciò che serviva perché questo pezzo piacesse. La durata suona infatti eccessiva in quanto stiracchia ciò che poteva condensarsi meglio; frequente è il ritorno al ritornello per dare la sensazione all'ascoltatore del 'rientrare in tema'. "When The Last Glow Flies" ha un'incarnazione leggermente più classic-rock, sempre aiutata dal pianoforte. Sempre per stupire, "The Burning Of The Sea" presenta un po' di Blues e di Swing-rock, e liriche in tema abbastanza godibili; è divertente notare come non si sia rinunciato poi al metal o alla batteria con la doppia cassa nel ritornello.
Sicuramente chi ha composto tutto questo è una personalità matura, senza finalità troppo specifiche, e capace anche di creare brani interessanti. Si dovrebbe forse ridurre in parte il trascinamento nel tempo di alcuni episodi, e lasciare che le novità si dichiarino senza ripetersi o addirittura diventando prevedibili all'orecchio - cosa che determina lo scacco matto a questa opera musicalmente composita.

Website: www.enid-webrealm.de
Contatti: martin@enid-webrealm.de



Voto: 6,5 (Massimiliano Monti)
 
http://www.fucine.com/network/fucinemute/core/news.php

Enid è dal 1997 il progetto di Martin Wiese e Florian Dammasch: Martin suona le tastiere, compone i brani e scrive i testi, Florian suona la chitarra. Questa coppia è il nucleo inscindibile della band, che nel corso degli anni ha attraversato diversi cambi di formazione. Il percorso artistico di questi due ragazzi - siamo al quarto album ? giunge ora a "Gradwanderer", un disco che bisogna assolutamente avere la pazienza di scoprire. In un primo momento, "Gradwanderer" potrebbe ingannare più di qualcuno ed essere scambiato per una stantia riproposizione di riff epici e di triti testi fantasy, tipica di tantissime band metal fin dai tempi dei Blind Guardian. E? inevitabile che qualcuno faccia collegamenti e paragoni con quel tipo di sonorità, ma, in realtà, questo lavoro è tanto eclettico dal punto di vista musicale quanto è sottile e profondo da quello testuale. La figura del vagabondo, infatti, è frequentissima nell?arte tedesca, e possiede una forte carica romantica nel senso letterario e filosofico del termine: lo struggimento del viandante nel corso del suo viaggio è quello di chi si accorge di essere spinto dai suoi ideali a non fermarsi, pur sapendo di non raggiungere mai veramente una meta, un punto d?arrivo. C?è nel disco un desiderio di vivere in un mondo "altro", forse dimenticato, forse irreale, che è fonte di sentimenti contrastanti, inesprimibili in maniera univoca: chi si accosta a quest?album talvolta è colpito da maestose chitarre elettriche, come nel caso della title-track, talvolta melanconicamente dalla chitarra acustica, per esempio in "Silent Stage" oppure nell?importantissima ? dal punto di vista concettuale ? "Die Seelensteine". Martin Wiese sembra compiere un?operazione consapevole dal punto di vista musicale, nel senso che le parti folk e nedievaleggianti che rendono così vario questo disco paiono frutto di un attento lavoro di ricerca sulle fonti, pur minato in partenza dal fatto che, come dice egli stesso, "non possiamo affermare alcunché di fondato sulla musica medievale" (l?intervista ha la pretesa di chiarire meglio questo punto). Certo che, all?orecchio del profano, "Silent Stage" parla sicuramente di "storie mai raccontate": il "trovatore" degli Enid chiede di lasciarsi andare e perdersi in luoghi irreali, da lui descritti con le "vestigia della verità".

E? veramente difficile e pretenzioso giudicare le parti acustiche di Gradwanderer, perciò è preferibile tentare almeno di orientare un po' chi non conosce il gruppo. Si potrebbe far risalire questo tipo d?approccio al metal a band come i Summoning, connazionali degli Enid e considerati tra le formazioni che più efficacemente hanno raccontato in note del mondo di Tolkien, e ad album come "Kveldsfanger", dove i norvegesi Ulver (che condividono con le due band austriache gli inizi nel black metal), rincontravano i miti del passato della loro terra e si confrontavano con il folk.
Certo è che, come rileva orgogliosamente Florian nell?intervista, gli Enid hanno trovato la loro strada e hanno saputo innovare e sperimentare: personalmente, ad esempio, non avevo mai sentito nulla di simile a "The burning of the sea", arrangiata ? probabilmente in maniera divertita - in modo da sembrare una sorta di blues, e scritta in modo da ricollegarsi sottilmente alla tematica centrale del lavoro: si provi infatti a non considerarla per quello che appare, ovvero la classica canzone dell?innamorato non corrisposto, ma, sempre se si mastica un po? il tedesco, la si pensi in rapporto a quel ragazzo o fanciullo del quale Martin parla in "Die Seelensteine". Ancora per quanto riguarda sia la capacità di innovare sia la capacità di fondere stili diversi, bisogna citare "Exemption", probabilmente il pezzo che - mentre chiede all?ascoltatore di visitare gli sconosciuti "regni della curiosità" - richiama di più alla mente una sorta di festante mondo bucolico, grazie all?ormai notevole capacità di Martin di creare questo tipo d?atmosfere mediante il sintetizzatore (per quattro anni il sound della band è stato interamente digitale).
La voce di Martin, baritonale, epica e suadente, finalmente diversa dall?ormai comica impostazione acuta e urlante di molti suoi colleghi, costituisce un altro punto di forza di "Gradwanderer". L?interpretazione convince sia nei momenti più trascinanti sia in quelli dove le chitarre suonano più lente e gravi; è estremamente poetica quando le sonorità acustiche richiedono capacità più melodiche.

Si possono anche andare a cercare, seppur ben noti e quasi ovvi, dei limiti. Il primo è strutturale (ma bisognerebbe sforzarsi di superarlo), ed è costituito dal fatto che i testi più importanti sono in tedesco: ci sono parole come "Sehnsucht" e "Heimat" che non possono essere davvero tradotte senza che venga meno quel nocciolo di significati che esse assumono per chi è nato e vissuto in Germania o in Austria; non è eccessivo dire che alcuni dei sentimenti che hanno permesso la creazione di "Gradwanderer" potevano essere resi solo grazie alla lingua madre di Martin e Florian. In buona sostanza, se uno non conosce un po' di tedesco, perde più di qualcosa. Un secondo limite, forse collegato al primo, è la capacità dell?album di rivolgersi a tutti: le melodie della tastiera sono toccanti, i riff coinvolgono e, come se non bastasse, c?è tutta la parte folk e "medievale" a stendere su tutto un alone di magia, ma questo tipo di proposta musicale, pur nel suo eclettismo, potrebbe finire comunque per interessare solo gli appassionati del genere, tra l'altro colpevolmente distratti da molti altri gruppi, forse meno capaci, ma in questo momento più famosi. In un certo senso, gli Enid giocano e contaminano molto, ma a molti potrebbero sembrare ingenui per vocazione, quasi fuori dal mondo e fini a loro stessi.

Il che, va detto, è parte del loro fascino.
 
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Recensione di Paolo 'cernunnos' Vidmar
Gli enigmatici e inclassificabili Enid sono giunti zitti zitti al quarto album. Che alla nostrana Code666 non piaccia la musica dal facile ascolto lo si sapeva, e le sue produzioni sono quasi sempre una sfida. A volte però, inevitabilmente, l'azzardo è troppo grosso. Gli Enid sono un rischio per il loro modo originale e tutto particolare di leggere la musica metal. Sin dal loro esordio, da quel promettente "Nachtgedanken", si capiva che uno spazio ristretto sarebbe stato sempre e comunque insufficiente a contenere le idee del gruppo austriaco. All'epoca gli Enid sembravano voler ricalcare lo stile dei loro geniali connazionali Summoning, eppure già in quel debut era evidente che gli Enid non erano fossero tagliati per seguire uno spartito scritto da altri; infatti, a brani in stile Summoning facevano da contraltare canzoni fuori dalle righe, più personali come gli infiniti giochi sul pianoforte nemmeno fosse stato l'animo inquieto di un Mozart a rivivere in essi. Molto tempo è passato da quel debut, ora la band si è rinnovata, ha viaggiato verso nuovi e diversi lidi presentando maggior spessore tecnico e medesima anarchia artistica. L'opener di questo "Gradwanderer" è molto piacevole, atmosferica e cerca, con più classe, di far rivivere lo spirito che animava il debut sopracitato. Molto più tranquilla la successiva "An Ode To The Forlorn" in cui, accanto alle solite divagazioni sonore tipiche della band, le parti metal sono piuttosto classiche ed heavy. Ascoltando questo cd si è obbligati a fare una scelta: amare o odiare il cantante del gruppo, con quel suo particolare timbro di voce. Un timbro piacevole da sentire, ma che non sempre sembra adattarsi ad un sottofondo metal. In "Silent Stage" si può ascoltare nuovamente il pianoforte ispiratissimo da sempre presente nel discorso Enid, qui la voce è perfetta per creare un brano rilassante e dal gusto estraneo all'universo metal. La titletrack è infarcita di parti sinfoniche orchestrali davvero belle ed epiche: la canzone parte a tutta velocità e bisogna sottolineare il bel motivo di chitarra, sebbene sia proprio qui che il cantato si riveli assolutamente fuori posto rispetto alla musica epica molto heavy, una pecca che continuerà ad essere presente per tutto il cd. Aggiungiamo poi che il cantato tedesco in certe situazioni non aiuta a creare una certa armonia.... "Die Seelensteine" giustifica ampiamente questa impressione: anche in questo frangente la lingua spezza la poesia di un brano dolce e delicato, impreziosito di un bel giro di pianoforte. Cambia poi la canzone, e cambia lo scenario, lo stile, il genere... cambia tutto. "When The Last Glow Files", musicalmente, a tratti potrebbe riportare in auge alcuni motivi in stile Van Halen, ma all'interno della stessa canzone ci sono talmente tanti cambi di tempo che nessun brano possiede un animo uniforme. Ci sono alcuni cori pseudo gregoriani dal fare molto solenne, ci sono arrangiamenti orchestrali degni di un gruppo power alla Rhapsody (come in "Exemption"), ma sono sensazioni istantanee perché, un attimo dopo, bisogna già orientarsi verso soluzioni diverse. Tralasciando commenti sul capitolo blues, il brano finale "Herbststurm" conferma l'impressione generale. Gli Enid sono un guazzabuglio di mille cose insieme, un arcobaleno i cui colori brillano però solo per poco, troppo poco, tempo lasciando l'ascoltatore senza nulla in mano, tranne una sensazione di stordimento. I nostri, a trovate abbastanza geniali o azzeccate, alternano cadute banali davvero preoccupanti che l'esperienza di quattro album non è servita ad eliminare. Genialità incompresa.
Voto: 5.5
 
www.obliveon.de

ENID
GRADWANDERER
62:57
CODE666
SPV

Besser hätte der Titel zu Enids viertem Album nicht gewählt sein können, denn was die Ostwestfalen hier bieten ist in der Tat eine musikalische Gratwanderung und leider mehr als einmal schiesst die Band dabei weit über ihr Ziel heraus. War der Vorgänger ?Seelenspiegel? noch geprägt und dominiert von melancholischen und beinahe kammermusikalischen Momenten, haben sich Enid dieses Mal wieder verstärkt dem Metal zugewandt, was bei Songs wie ?Chimera? oder ?An Ode To The Forlorn? eher an eine abgespeckte und blutarme Version von Blind Guardian erinnert. Grossartig wird es vor allem dann, wenn Enid sich ausschliesslich ruhigen und vom Gesang her ganz offensichtlich in der Tradition mittelalterlicher Barden stehenden Liedern wie ?Silent Stage? zuwenden. Die Grenze zur Peinkichkeit überschreiten Enid dann allerdings mit den deutschsprachigen ?Herststurm?, ?Gradwanderer? und dem nachfolgenden ?Die Seelensteine?. Dass es auch anders geht, macht das klassisch und sakral inspirierte ?Exemption? deutlich, wo endlich wieder etwas von den musikalischen Geistesblitzen der Vergangenheit aufblitzt. Wer jedoch nun glaubt, Enid hätten sich wieder gefangen, der wird in dem von Swing und Blues beeinflussten ?The Burning Of The Sea? den absoluten Tiefpunkt dieser stilistischen Gratwanderung erleben. Neben einer schwachbrünstigen Produktion präsentieren sich Enid, so leid es mir tut dieses Urteil fällen zu müssen, vollkommen ziel- und orientierungslos. Nicht alles, was als musikalische Innovation verkauft wird, trägt diesen Namen zurecht, das macht ?Gradwanderer? ganz deutlich.
4/10
MK
 
http://www.the-gothicworld.de/_reviews/2004-04/enid-gradwanderer.htm

Als ich das Cover der neuen ENID-Scheibe "Gradwanderer" zum ersten Mal gesehen habe, war ich etwas überrascht, denn ich wußte zwar das den beiden Ober-ENIDs Martin Wiese und Florian aka Alboîn Goldmund ein helles Cover vorschwebte, aber das endgültige Ergebnis war mir im Gegensatz zu dem was ich letzten November beim Studio-Prelistening um die Ohren geblasen bekam, doch sehr viel Understandment. Vermag die etwas unterkühlt gestylte Verpacken kaum was über den Inhalt vermuten. Muß ja nicht das millionste Grindschädel-Cover sein, aber hier hätt ich eher eine gelackte Synthiepop-Band dahinter vermutet. Zum Glück wusste ich aber schon was drin steckt!

Es ist gewaltig, wie ENID seit ihrem ersten Output "Seelenspiegel" in Punkto Songwriting, Soundtüffeleien und musikalischen und vor allem gesangstechnischer Reife hörbar über sich hinausgewachsen sind.
"Gradwanderer" ist in wahrsten Sinne ein Ritt auf der Rasierklinge, ein leidenschaftlicher Taumel zwischen packenden epischen Metalpassagen und zerbrechlicher Melancholie. Euphorische Orchester entführen den Lauschenden zu ausufernden mittelarterlichen oder ethnischen Stimmungsbildern und oft auch deutschsprachigen Geschichten. Sicher nicht jedermanns Sache, aber die Scheibe ist wie ein besonders guter Fantasyfilm den man sich immer wieder gerne ansieht, oder der Soundtrack zu dem Fantasyfilm, den man schon immer gerne mal gesehen hätte.

Absolutes Muß für alle die auf gepflegten Metal und enthaltene Klassik-Elemente abfahren! Selbst Freunde gregorianischer Männergesänge und Louis Amstrong-Fans kommen auf ihre Kosten! Alle Punke die ich habe für ENID für so ein konsequente Leistung!

Sir Ritchie für THE GOTHICWORLD